8 mar 2016

LUNGO LA NOTTE - Il racconto





CAPITOLO 1

Negli ultimi quindici anni varcare quella porta non era mai stato così difficile come in questo momento, anche perché sapeva che le cose peggiori probabilmente non se le sarebbero dette, ma sarebbero rimaste sottintese. Si conoscevano e si stimavano da sempre, a tal punto che in questo momento anche quell'incontro era superfluo, ma c'erano dei ruoli da ricoprire  e delle parti da recitare ad uso e consumo del resto del mondo. La cosa non poteva rimanere in silenzio.

Negli anni, tra di loro, si era creata una tale sintonia che aveva prodotto degli ottimi risultati. Se quello, che era un grande ristorante quando lui ci mise piede la prima volta, adesso era diventato un centro turistico di prim'ordine, punto di riferimento per tutti coloro che operavano nella zona, il merito era anche di quella strana alchimia che si era creata tra di loro.

"Entra"

Entrò e vide dalle finestre alle spalle del direttore il sole che tramontava, si bloccò per meno di un secondo. Aveva fatto tardi, ma il suo lavoro era un altro, lui non aveva più bisogno di essere il maitre. Gli piaceva esserlo, ma non era obbligato a farlo

"Buonasera"
"Chiudi la porta e siediti"

Chiuse delicatamente la porta alle sue spalle, si sedette e quella poltrona che conosceva benissimo gli sembrò scomoda, come non mai.

"Direttore"
"Direttore? La porta è chiusa, siamo soli io e te, non essere formale o mi arrabbio, non ce n'è mai stato bisogno, non iniziamo adesso"
"Grazie Franco"

Per un attimo nessuno dei due sapeva più come riprendere il filo del discorso. Poi il direttore tagliò la tensione che era subentrata tra di loro con una domanda secca, diretta come un fendente.

"Ti rendi conto della stupidaggine che hai fatto l'altra notte?"
"Mi conosci, sai come sono fatto. Non mi pento di quel gesto, non mi pento di averlo fatto e se pensi che devo farlo solo perché era il disonorevole, il figlio del senatore, allora mi conosci poco"
"Ti conosco fin troppo bene, ma hai esagerato. Bastava che lo allontanasi dalla ragazza per tenerlo buono, ma arrivare a picchiarlo in quel modo?"
"Guarda che io ho cercato di usare le buone, non ho ascoltato le offese personali a me e a tutte le mie parenti donne, ma quando si è lanciato nuovamente contro di lei, quando ha cercato di colpirla, è partito  d'istinto il primo cazzotto e sai che bene che in queste circostanza chi si ferma è quello che ha la peggio parte"

Annui silenziosamente

"Si, di risse ne abbiamo sedate molte nel corso degli anni, però so anche che il tuo primo fa male e lascia il segno. Forse se ti fermavi al secondo o al terzo.........."
"Naaaaaaaa e poi diciamocelo, sono anni che ci rompe le scatole. Una lezione se l'era proprio cercata"

Abbozzarono un sorriso all'unisono ripensando a tutti i sistemi che avevano utilizzato per ripagare della boria quel figlio di papà viziato.
Franco avrebbe fatto lo stesso al suo posto, anzi avrebbe pagato di tasca sua per essere lì. Aveva ragione.

"Raccontami perlomeno cos'è successo per davvero, lo sai che sono maledettamente curioso e qui in città raccontano di tutto"
"Niente di particolare, dopo aver fatto sgomberare la sala dai festoni di carnevale, ho chiuso le porte, ti ho consegnato le chiavi e ci siamo salutati. Come sempre mi sono sbottonato il papillon e sono uscito nel parcheggio a respirare un po' d'aria pura, dopo una giornata a contatto con gli odori della cucina ci vuole.
Mentre il freddo iniziava a farsi vivo, sono arrivate le prima urla, femminili, si sono accavallate subito quelle del ragazzo, che sembrava stesse davvero impazzito. Lo sportello di una macchina si apre e una ragazza mascherata da Minnie mi corre incontro.
Poi è arrivato lui, con la sua aria da padrone del mondo e subito mi insulta e mi ordina di dargliela.
Gli rispondo che sono etero e che lui non è affatto il mio tipo, l'atmosfera sembra allegerirsi, ma è solo un attimo. Ha cercato di sorprendermi e di afferrare la ragazza per un braccio, ma me lo aspettavo, agisce sempre così è un vigliacco e so cosa architetta.
Prontamente l'ho colpito e si è fatto male, molto male.
Non ho mai avuto nessuna pietà per chi molesta donne e bambini, figuriamoci se potevo provarla per lui."

Silenzio

"Sai che mi hanno chiesto la tua testa"

Non era una domanda e non c'era bisogno che lo dicesse, ma gli faceva piacere che lo avesse fatto.

"Certo, come vedi non mi sono ancora vestito"
"Allora fallo e in fretta. Stasera ho due sale piene di donne che sono qui per l'8 marzo e ci sono 40 camerieri da controllare, non vorrei che qualcuno scambiasse il bagno degli uomini come un luogo di incontro"

Sorrisero al pensiero di quando fu scoperto Franco anni prima, ma lui era il Direttore, mica un cameriere.
Si alzò per andarsene, ma mentre usciva una domanda gli arrivò da dietro le spalle.

"Almeno ne è valsa la pena?"
"Sempre, lo sai"
"Non fare il finto tonto con me. Com'era la ragazza?"
"Non l'ho vista in volto, era truccata ed è successo tutto in fretta. Non so nemmeno chi fosse, ho solo sentito un accento che non era il nostro, come se fosse romana.
Però bisogna anche riconoscere che il disonorevole ha buoni gusti in fatto di donne. Comunque chiedi a Lucia, era lei di turno alla reception dell'albergo quando l'ho accompagnata lì."

Usci, aveva una sala da gestire ed era in ritardo per controllare che tutto fosse in ordine e doveva ancora cambiarsi.






CAPITOLO 2

La serata era stata tranquilla, nessuna esuberanza esagerata, qualche ammicamento tra le ragazze più giovani e alcuni dei camerieri, ma probabilmente erano solo situazioni figlie di conoscenze precedenti, nulla che nascesse e morisse in quel locale.

Ormai gli anni in cui le donne uscivano in gruppo la sera dell'otto marzo per fare danni, regredendo al livello degli uomini, erano un ricordo perso nel tempo.
Forse era stata la crisi che lasciava a case le "frustrate" o forvolta

mplicemente la maggiore libertà sessuale, che consente a una ragazza di avere ciò che vuole, quando vuole, ma certe esagerazioni non erano più proprie di quella festa, per la gioia di chi come lui, quella sera non solo lavorava, ma aveva delle responsabilità.

Guardò l'orologio, quasi le 23.00, tra poco avrebbe fatto servire la torta mimosa, lo spumante fresco  era già su tutti i tavoli e per la mezzanotte la sala sarebbe stata vuota e lui fuori di lì.
Anche questa era andata.

"Maitre"
"Dimmi Luigi, problemi?"

Luigi era uno dei portabibite, un ragazzino educato, che non avendo una famiglia alle spalle che potesse supportarne gli sfizi, se li concedeva lavorando. Questo gli faceva onore e glielo rendeva simpatico, anche perchè poi gli ricordava tremendamente qualcuno.........

"Maitre, c'è una signora che la vuole"
"Vuole? Si dice desidera. Desidera me? Cosa avete combinato?"
"Niente, davvero. Mi ha detto che voleva parlare con lei. E' quella lì, al tavolo 11"

E il ragazzo indicò una  figura femminile. Era sola, sulla trentina, mora, decisamente bella, ma non appariscente. Aveva lo sguardo basso in quel momento, forse una casualità. Il tavolo era apparecchiato per quattro persone, forse le altre erano fuori a fumare.
Si avvicinò lentamente, indossò il sorriso neutro di circostanza e con modi delicati e voce profonda chiese

"Posso esserle utile?"
"Si, grazie"
"Qualche problema? Qualcosa non era di suo gradimento?"
"No, tutto buonissimo, eccellente"
"Allora qualcuno l'ha importunata?"

E in quell'istante sul tavolo si materializzarono quasi dal nulla due orecchie da Minnie.
Non ci fu bisogno di altre parole, capì.

"Non so che dire, sono in imbarazzo"
"Anche io, ma volevo ringraziarla, senza di lei non so come sarebbe finita l'altra notte? Grazie"
"No, dai"

Gli era venuto spontaneo darle del tu, ma se ne pentì quasi subito, non era stato autorizzato a farlo.

"Guarda, invece si. Io ero lì, ho visto i suoi occhi, ho sentito come mi stringeva, il suo fiato sul collo e credimi, se non gli avessi dato quello che voleva se lo sarebbe preso con la forza"

La sentì di nuovo rabbrividire.
Tremava come l'altra volta. In quel momento il terrore era vivo nei suoi occhi e lui ebbe quasi l'istinto, la voglia di abbracciarla, ma non poteva e non doveva. Non gli competeva, non gli spettava.
Di certo però non poteva lasciarla in quello stato, così scossa e d'istinto abbozzò:

"Cosa fai dopo? Vuoi passare il resto della nottata a girare con me? Ti faccio conoscere delle persone"

Lei rimase sorpresa, quasi intimorita e non seppe mai spiegarsi perché si fidò. Accettò l'invito, annuendo leggermente con il capo.

"Ok, io stacco tra un'ora circa, forse prima. Ci vediamo davanti alla mia auto, quella dell'altra sera. Ricordi qual'è?"
"Si, perfettamente"
"Bene, se ci sarai vuol dire che non ci hai ripensato, altrimenti ti saluto qui. Buonanotte"
"No, a dopo"

Rispose decisa.
Pensò che l'avrebbe rivista.






CAPITOLO 3


Il parcheggio era come sempre ben illuminato e lui vi procedeva  con il suo solito passo. Non aveva nessuna fretta di arrivare e nessun timore di trovarsi lì da solo. Si alzò il bavero del giubbino, si sistemò meglio sulla spalla il suo amato zaino e si indirizzò verso la sua auto.

Da quando il centro alberghiero si era arricchito, prima con la palestra e la piscina e successivamente con il centro benessere, il numero di clienti fissi che alloggiavano presso l'albergo era aumentato a dismisura. Questo aveva reso necessaria una dose maggiore sicurezza per tutto ciò che si trovava all'interno del perimetro del resort e  di conseguenza era aumentata a dismisura anche la luce artificiale, affinchè facilitasse il lavoro delle telecamere durante la notte.

Le telecamere, come aveva fatto a non pensarci prima, Franco aveva già visto e rivisto la scena dell'aggressione chissà quante volte in quelle 48 ore.
Di certo senza l'audio quelle immagini servivano a poco o a nulla, ma di sicuro veder picchiare il disonorevole lo avrà divertito e non poco. Già ne vedeva il ghigno soddisfatto mentre con il replay tornava indietro e rimetteva la scena ancora e ancora.

Lei non c'era, non vedeva anima viva in giro per il parcheggio. Di certo ci aveva ripensato e se n'era andata a casa con le sue amiche. Chissà perché poi si era illuso che l'avrebbe trovata lì ad attenderlo, ci aveva creduto davvero e invece vicino alla sua auto non c'era nessuno.
Rallentò il passo, il respiro e il battito del cuore tutti insieme e si mise a camminare con quell'andatura elegante, che tanti sospiri rubava in sala alle signore di tutte le età, era il suo piccolo vezzo.

Il freddo della notte gli carezzò il volto, anche se la luna alta nel cielo era regina di una volta celeste limpida come poche altre, per essere in pieno inverno.

Un fascio di luci lo investì di colpo, si girò di scatto e si mise sulla difensiva, quasi fiutando il pericolo.
Guardò verso l'abitacolo dell'auto che lo illuminava e non vide il volto di chi era al posto di guida, ma notò che era una persona sola, oltretutto l'auto non si era messa in moto e lui pensò che non erano lì per investirlo.
Lei scese tranquilla mente dall'auto, gli sorrise e lo invitò ad entrare.

Si tranquillizzò del tutto e salì

"Non ci credevo più che ti avrei trovata"
"Fa troppo freddo per me, per questo ti ho aspettato in auto. Andiamo in giro con questa?"
"Certo, ma sposto la mia fuori, altrimenti devo aspettare che si facciano le 8.00 per riprenderla domattina. Il guardiano dei fari. l'addetto alla sicurezza, quando mi vede uscire chiude la sbarra e va a dormire e non voglio che rimanga sveglio senza motivo"

Dopo qualche minuto erano di nuovo insieme. L'abitacolo era caldo, il motore acceso e lei al volante

"Cosa facciamo?"
"Per adesso dei patti e dimmi se sei d'accordo con quello che ti propongo. Primo, tu guidi e io ti indico dove andare"
"Va bene"
"Secondo, tu ci metti l'auto e io tutte le spese, dalle consumazioni al carburante"
"Ok"
"Domande dirette, risposte sincere. Vale ovviamente per tutti e due"
"Ci sto"
"Che aspettiamo allora? Alla pompa di benzina dell'autogrill a mettere un po' di carburante. Direzione Nord"

L'auto si avviò.

Aveva collegato il suo lettore MP3 allo stereo dell'auto e lei stava ascoltando quelle dolci melodie, fatte di pianoforte e nient'altro che lui aveva scelto di farle ascoltare. La musica la faceva da padrona in quell'ambiente o forse lo era l'imbarazzo di trovarsi in compagnia di un emerito sconosciuto, in giro con la macchina nel cuore della notte a comandare le sue emozioni? Non se lo sapeva spiegare al momento, ma si sentiva strana come poche altre volte nella vita prima di allora.
Lui ruppe il silenzio e le pose la prima domanda

"Sei nuova di qui? Non mi ricordo di te e credimi nel ristorante ci sono passati un po' tutti in questi anni"
"No non sono nuova. Sono nata qui, ma sono andata via subito dopo il diploma, mi offrirono un bel posto di lavoro e accettai. Sono tornata da poco più di un mese"
"Che lavoro fai?"
"Topografo. Sai che cos'è?"
"Forse ha qualcosa a che fare con il disegnare ratti? Scherzo, sono geometra, so bene di cosa parli"
"Davvero. Da come ti muovevi in sala pensavo fossi cameriere da una vita.

Per un attimo, prima di risponderle, il suo sguardo si confuse con quello di un cartellone che pubblicizzava un nuovo modello di automobili, poi disse con un filo di voce

"No, quello non è un lavoro è la mia ancora di salvataggio nei confronti della pazzia"

Si fermò ancora, riprese il fiato e non pensò alle parole, quelle come sempre venivano da sole, spontanee.

"Sai, all'inizio, da ragazzino, era un'esigenza economica,  un extra non si rifiuta mai. Poi gli avvenimenti della vita mi hanno portato ad avere una certa tranquillità. Quando alcuni anni fa mi sono separato, mi sono reso conto che vivere da soli non è difficile perché non hai nessuno accanto, è tremendo perché sei sempre in compagnia di te stesso. Il sabato e la domenica non finivano mai, erano un tormento e pur avendo una valida alternativa, ho ripreso quest'attività che avevo interrotto.
Qui c'è ormai la mia famiglia, qui sono in armonia con i colleghi e tanti mi vogliono bene. Quasi tutti direi, se non fosse per qualche cliente idiota...."

E lo disse con un sorriso che contagiò anche lei. L'imbarazzo si era rotto e l'atmosfera si era fatta piacevole.

"E tu? Sei tornata perché era finito il lavoro?"
"No, per un uomo"
"Per lui?"
"Nooo, come ti viene? Con lui ci conoscevamo da piccoli e l'ho rivisto qui un paio di settimane fa, mi ha invitato insieme ad altri amici e siamo usciti in compagnia qualche volta, fino all'altra sera..........
No, io ho chiuso una storia d'amore o almeno credevo fosse tale, che era anche sfociata da qualche anno in una convivenza. Vivevamo i soliti alti e bassi di ogni coppia, niente di nuovo sotto il cielo. Solo che  all'improvviso scopro che lui se la fa con un'altra. 
A quel punto, siccome avevo già molte proposte interessanti in zona, faccio bagagli e burattini, lo pianto in asso e sono tornata qui, alle mie radici. Lui non mi ha mai nemmeno più cercata.
Certo che se solo ci penso, che sono andata via per colpa di un uomo e me ne ritrovo davanti un altro che è anche peggio, mi sa che quasi quasi cambio sponda"

E qui fu lei ad aggiungere un sorriso di allegerimento al quale lui replicò divertito.

Erano arrivati, la pompa di benzina era a 1.500 metri. 
La prima tappa era ormai prossima







CAPITOLO 4

Dopo aver fatto rifornimento le fece parcheggiare l'auto piuttosto lontano dal bar, per poi raggiungerlo a piedi.
Appena furono nei pressi del locale, lui le fece segno con la mano di fermarsi e rimanere in silenzio. Lei obbedì istintivamente, non era stato un ordine, ma la ricerca di una complicità, aveva capito che stava per preparare uno scherzo.

Lo vide aprire lentamente la porta del bar, facendo attenzione a non  far suonare la campanella posta sulla sua cima, poi furtivamente iniziò a scivolare verso l'interno, ma dal profondo del locale una voce burbera urlò

"Ti vedo tutte le volte, eppure sistematicamente ci provi comunque a sorprendermi, lo sai che ci sono le telecamere accese e che le tengo sotto controllo. Su entra che ti aspettavo e mi stavo preoccupando, sei in ritardo."
"Usa un linguaggio e dei toni a modo, sono in compagnia questa notte"

Le fece cenno di entrare, lei gliene fu grata, iniziava a sentire freddo.

Al bancone arrivò dal retro un uomo sulla cinquantina, capelli radi, invecchiato più dell'età che probabilmente aveva, ma dallo sguardo attento, vigile. La guardò per un solo attimo, ma si rese conto che l'aveva scrutata per bene, quasi come se le avesse fatto i raggi x.

"E allora, come mai sei in ritardo?"
"Massimo lo sai anche tu, spero sempre che ci sia in giro un posto dove facciano un caffè decente, prima di dovermi per forza di cosa bere la tua schifezza nera"

Il barista non lo degnò di uno sguardo e rivoltosi verso di lei disse sottovoce, ma facendosi sentire da tutti disse

"Non gli creda, la verità è che è stato cacciato da tutti i locali della zona, nessuno lo sopporta più e anche io lo gli preparo il caffè e poi lo mando via. La prenda quasi come un'opera caritatevole la mia"
"Abbiamo un altro buon samaritano tra di noi e non me ne ero accorto prima. Su che se non venissi io in questo locale di infima categoria potresti lasciarlo chiuso"

Lei capì che tra i due c'era qualcosa in più di una semplice simpatia o di una conoscenza vecchia di anni, no c'era un rapporto molto più profondo, fatto di stima reciproca.

Entrarono degli altri clienti e Massimo si rivolse a loro, allora lui ne approfittò e le parlò quasi sussurrando

"Quando iniziò questo lavoro era un uomo che credeva di essere felicemente sposato, solo che a un certo punto si accorse che il suo letto veniva riscaldato di notte da qualcun altro. Si perse nell'alcool, ma ad un certo punto si ritrovò, anche grazie al suo angelo custode.
Da quel momento decise di cambiare radicalmente la sua vita, tranne che per il turno dalle 22.00 alle 6.00 del mattino, per poter così vivere il resto della giornata con estrema tranquillità."

"Non gli creda, qualsiasi cosa le dica non gli creda. E' capace di vendere gelati al polo se è necessario.
Lo ha mai visto in sala? Come si pavoneggia con la sua eleganza e i suoi modi? Sembra che sia sempre il festeggiato invece che il capo cameriere.
Cammina elegante, leggiadro, come se fosse un modello e spesso e volentieri fa anche la coda di pavone ad uso e consumo delle signore presenti in sala. Tutta scena, solo finzione"
"Si, devo dire che l'ho osservato bene e ha un suo fascino, ma vista sotto questo punto di vista........."
"Ehi, ma cos'è qui? Avete deciso di mettermi in mezzo? Qui le danze le dirigo io. Insomma"
"Bello, sei nel mio locale, qui decido io a che gioco si gioca e adesso tu sei il bersaglio"

Per un attimo si guardarono in cagnesco, salvo scoppiare tutti in una sonora risata.
Ancora di più si fermò in lei la convinzione che tra quei due non c'era la semplice conoscenza che c'è tra un avventore e un barista. Qualcosa doveva averli uniti e si leggeva nel modo in cui si parlavano. C'era affetto sincero in ogni singola parola, al di là di quello che dicevano.

Arrivarono i caffè sul bancone e a lei venne aggiunto un cioccolatino.

"E' fuori?"

Chiese con un tono di voce che le era sconosciuto

"Certo, dove vuoi che sia? E' fuori, al freddo, nella speranza che passi qualcuno"
"Mi prepari il solito o ha già consumato?"
"No, lo sai, non entra mai se non ha già incassato qualcosa. Eppure lo sa benissimo che non ha bisogno di pagarmi, ma è fatta così"

Mentre il barista si girava a preparare una tazza di cappuccino caldo, lei gli chiese

"Di chi state parlando?"
"Di una donna costretta a prostituirsi dalle circostanze della vita, probabilmente una delle persone migliori che ho mai conosciuto in vita mia. Tra poco andremo da lei, ma se non vuoi ti capisco, rimarremo comunque solo il tempo del cappuccino e ci manderà via, vedrai"






CAPITOLO 5


Nella notte la sua era una bella figura, come una di quelle donne stilizzate che si vedono disegnate sui giornali, sembrava una di quelle modelle che reclamizza un profumo o degli accessori per l'igiene femminile e più le si avvicinava, meno erano i metri che la separavano da lei e sempre più si rendeva conto che era  quanto di più lontano esisteva  dagli stereotipi che si era creata immaginando una prostituta.
D'altronde non aveva una conoscenza diretta con nessuna di quelle che faceva la vita e quindi la sua idea di "puttana" era legata alle donne che vedeva agli angoli della strada, quando tornava a casa dal suo vecchio posto di lavoro.
Se l'avesse incontrata per strada, senza conoscerla, senza sapere nulla di lei, mai e poi mai avrebbe pensato che faceva quel tipo di attività.

Si stavano avvicinando lentamente, ma quando lei capì di chi si trattava, sul suo viso si disegnò un sorriso compiacente.

"Hai qualcosa per me, bell'uomo?"

Lo disse con un tono di voce tra l'ironico e il sensuale e anche qui capì al volo che c'era un rapporto di vecchia data che li univa, come se lei stesse recitando un copione già provato svariate volte nel passato.

"Si bella donna, ho qualcosa di caldo per te. Un cappuccino bollente"

Anche lei la guardò per un solo secondo, come se vivere la notte mettesse in condizioni le persone di capire chi avevano di fronte al primo colpo, però con dei modi di una gentilezza incredibile le rivolse la parola.

"Cosa ci fa una ragazza bella come lei, in giro di notte in compagnia di un losco figuro del genere?"
"Imparo a conoscerlo"
"Allora avrà di sicuro bisogno di molto più tempo per comprenderlo per bene. E' molto più complicato di quello che appare"

E su quest'ultima frase la sua voce si era di colpo fatta seria e profonda

"Ehi, ma vi siete coalizzati tutti contro di me questa notte? Ma che razza di gente frequento? Invece di farmi fare una bella figura con una sconosciuta......"
"Siamo persone che ti vogliono bene per davvero, che ti apprezzano per quello che fai, ma che non te lo diranno mai direttamente, figuriamoci poi per farti fare una bella figura"
"Ah, grazie"
"Prego. Ora però spiegami perchè hai portato qui questa ragazza? Se volevi fare una bella figura non dovevi mica portarla da una prostituta?"

E lo disse mentre iniziava a sorseggiare il cappuccino che le era stato offerto qualche istante prima

"Le sto facendo conoscere delle persone vere. La sto guidando lungo la notte, per farle capire che dietro le apparenze spesso c'è più sostanza di quello che si immagina."
"E perchè da me? Una puttana"
"Perchè sei una delle donne migliori che conosco e il tuo lavoro è solo una circostanza a cui sei stata costretta dalla vita"

I suoi occhi si riempirono di ricordi e di lacrime nello stesso istante e si girò, forse per raccoglierle prima che le devastassero il maquillage.

"Vedi, esistono varie categorie di uomini al mondo. Chi valuta le persone per ciò che vuole vedere e non per quello che sono in grado di dare e di esprimere, beh quello per me è il vero anello di congiunzione tra l'uomo e le bestie"

Si accorse che le lacrime ormai scendevano a dirotto, copiose come un fiume in piena.

"Hai deciso di rovinarmi il trucco facendomi piangere? E' questo il tmodo  che hai scelto per redimermi questa notte? Allora sai che ti dico? E' meglio che ve ne andiate, se rimanete qui ancora un pò e passa qualche possibile cliente crederà che sono impegnata e non tiro su nemmeno un euro"


Lo disse dando loro le spalle e cercando di sistemarsi utilizzando uno specchietto e delle salviettine umidificate.
Loro si diressero all'auto, ma un'ultima domanda gliela rivolse lo stesso, mentre la sua voce era  ancora rotta dall'emozione.


"Dove la porti adesso?"
"Dal Don"

"Un classico, il diavolo e l'acquasanta"

Lui non disse nulla, mentre camminavano verso l'auto però interruppe il silenzio che era sceso tra di loro

"Erano giovani e belli, innamorati come pochi al mondo e si divertivano molto. Si erano sposati in tenera età  ed era stato uno dei pochi matrimoni su cui avrei scommesso che sarebbe durato finchè morti non li avesse separati.
Così è stato.
Il marito si era indebitato per continuare con la sua attività, ma non potendo mantenere fede agli impegni si è suicidato. Lei rimase sotto choc per molto tempo, perchè non immaginava in quale situazione economica realmente versassero, lui la teneva all'oscuro di tutto.
Dopo il periodo del lutto cercò di riprendersi, ma la famiglia di lui la vide come il capro espiatorio del loro dolore e le fece terra bruciata intorno, nessuno le diede modo di ricominciare.
Un giorno, uno dei creditori del marito, le propose di saldare il debito e di darle del denaro se ......., era disperata e accettò.
Si è sentita colpevole della morte del marito, quasi come se fosse stata lei a tirare il grilletto e in questo modo , con quest'attività, si punisce per non averlo aiutato, per non averlo salvato.
C'è stato chi si è realmente offerto di darle una mano concreta, ma non c'è stato nulla da fare, questo è il suo modo di espiare una colpa che non ha. Viene qui ogni notte, in questo grill che non è affollato, su un'autostrada poco trafficata e vende il corpo a delle bestie che ne approfittano velocemente.
Quando sorge il sole va nel bagno di servizio, si cambia mettendo gli abiti da lavoro in un sacchetto, quasi volesse dimenticarsi di ciò che fa e ritorna alla vita normale. Se così possiamo definirla.

Per il resto del mondo resto del mondo ha una rendita mensile che ha vinto ad una lotteria e così facendo cerca di saldare i restanti debiti di suo marito.
Lo ama ancora come il primo giorno.
La morte non li ha seprati"
"Come l'hai conosciuta?"
"Questo te lo dirò più tardi, per ora ti posso solo dire che non sono mai stato suo cliente, se è questo che vuoi sapere"

L'auto riprese il suo tragitto.



 
CAPITOLO 7

Adesso che non era più lei alla guida, aveva tutto il tempo che le serviva per poterlo osservare per bene.

Entrando nella macchina questa volta aveva estratto un CD dallo zaino, lo aveva inserito nel lettore e aveva messo in moto. Era assorto, attento ai catarifrangenti dei guard rail e alla strada.
I suoi occhi erano di un verde scuro, che si sposavano benissimo con la sua pelle olivastra, qualche ruga era comparsa sul volto, probabilmente dovuta alla vita intensa che faceva, di sicuro non era per niente facile. Aveva i lineamenti dolci e si era già resa conto che quando la guardava non aveva lo stesso sguardo degli altri uomini, che prima di tutto cercano di spogliarti con gli occhi, no lui la fissava cercando di carpire le espressioni, di rubarle ciò che davvero si nascondeva dietro ogni sua parola. 
Era per davvero interessato a lei e la faceva sentire il centro del suo mondo mentre dialogavano. Quell'uomo non solo le piaceva, ma si era fatto strada dentro di lei, senza fare nulla di speciale, solo per il suo modo di essere.

Niente di lui lasciava trasparire al momento che potesse essere stanco, doveva essere fatto di ferro e lei aveva un paio di domande che le bruciavano dentro, appena la musica si sarebbe fermata gliele avrebbe poste.
Lui la prevenne.

" Ti domanderai che tipo di appuntamento abbiamo io e Giulio domattina e perchè mi ha chiamato presidente"
"Per la verità si, stavo per chiedertelo"
"E' una lunga storia, ma abbiamo tempo prima di arrivare a destinazione, te la racconto"

Lo disse mentre scalava le marce e svoltava in una strada alla sua destra, adesso anche lei sapeva dov'erano diretti.

"Io, Giulio e Luca Franceschi..."
"Quel Luca?"
"Si, brava, proprio lui. Te lo ricordi ancora? Ti ricordi il suo nome di battesimo?"
"Sono una donna e lui è stato di sicuro uno degli uomini più belli e affascinanti che siano mai stati in circolazione. 
Ricordo chiaramente quanto clamore suscitavano le sue apparizioni televisive e quanta gente affollava i cinema solo per vederlo recitare. E' stato un mito per almeno tre generazioni femminili. Quando è sparito, per settimane non si è fatto altro che parlare di lui.
Davvero era un vostro amico?"
"E' nato qui ed è vissuto qui, anche quando gli impegni erano pressanti, non dimenticava mai di farsi una capatina da noi"
"Vero, non avevo collegato. Quanti anni sono che è sparito?"
"Tanti, ma non importa quanti siano e non chiedermi dov'è, solo io e Giulio lo sappiamo e abbiamo contatti con lui, ma nemmeno sotto tortura diremo mai dov'è.
Il fatto è, che in molto pensano che si stia godendo su qualche isolotto tutti i milioni di euro che ha guadagnato in carriera e si sbagliano.
E' stato nostro amico sin da piccolo, in pratica siamo cresciuti insieme noi tre e per noi lui non è mai stato la star, ma Luca e basta.
Poco prima che sparisse, quando aveva già programmato di farlo e tutto si era quasi compiuto, fece nascere un associazione senza scopo di lucro, ma che aveva la finalità di dare vita e gestire il sogno di Giulio, un centro di accoglienza per i senzatetto. Luca però sapeva benissimo che il nostro Don non è in grado di gestire il denaro e quindi mi chiese, anzi mi obbligò, ad accettare la presidenza a tempo pieno della fondazione, senza il mio consenso non se ne sarebbe fatto nulla e mi obbligò anche ad accettare lo stipendio per il ruolo che rivesto.
Mi dedico in pratica tutto il giorno alla nostra creatura, togliendo di dosso a Giulio tutte le incombenze burocratiche del caso. Domani abbiamo una riunione, nella quale dobbiamo decidere per un eventuale ampliamento delle attività e il mio voto è decisivo per le aspettative di Giulio"
"E il lavoro al ristorante?"
"Quello è uno svago, come ti avevo accennato, una sorta di valvola di sfogo.
Mi immergo tra la gente serena, che è a cena per divertirsi e così cerco di dimenticare la sofferenza dipinta sui visi degli ultimi, dei disagiati, di coloro che hanno difficoltà a mettere insieme un pasto decente al giorno."
"Quanto guadagni come maitre?"
"Niente, le mie esigenze sono coperte dal mio stipendio. Però io e il direttore abbiamo un patto. Tutto quello che sta per scadere nei frigoriferi, tutte le portate in più non consumate, vanno alla mensa della struttura, anche se sospetto che faccia cucinare sempre qualcosa oltre il necessario di proposito."

E lo disse sorridendo, certo che quel suo sospetto corrispondesse alla verità.

"La struttura ha qualcosa a che vedere con i nostri primi incontri di questa notte?"
"Si, Massimo arrivò da noi  in pratica all'ultimo stadio dell'alcolismo. Distrutto dal tradimento della moglie si era rifugiato nei liquori. Da noi si è ripreso e adesso lavora di notte per poterci aiutare il pomeriggio e credimi solo chi è stato nel tunnel e ne è venuto fuori può toccare le corde giuste di chi è ancora immerso nel buio.
Lei invece, dopo la prima volta che si è venduta, uscì nella notte a cercare la morte e trovò noi. Si è ripresa, ma non ha mai voluto accettare le nostre offerte di una collaborazione remunerata, dice che quei soldi servono a ben altra causa e lei deve espiare la sua colpa. 
L'unico obbligo a cui deve sottostare per avere la nostra amicizia e ti assicuro che ci tiene, è quello di lavorare nell'autogrill di Massimo, così che le telecamere di sicurezza possono controllare i numeri di targa di chi la carica a bordo, non vogliamo che le accada nulla."


Non sapeva più che dire. Immaginava che non erano stati incontri fortuiti, ma non quanta vita ci fosse dietro ognuno di essi.
Lei non aveva dei trascorsi felici e domenica sera era convinta che la quasi violenza subita era qualcosa di tremendo, ma aveva toccato con mano realtà di gran lunga peggiori rispetto alla sua.
Sapeva da sempre che in giro c'erano persone buone, adesso aveva la certezza di averne una di fianco.


La macchina rallentò e lei credette per un attimo che l'avesse condotta in paradiso, tanto era bello lo spettacolo naturale che la vista le regalava.

Era riuscito a sorprenderla per l'ennesima volta






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CAPITOLO 8

Si riprese dopo un po' dallo spettacolo naturale che il mare e la luna le stavano regalando in quell'angolo di mondo che non conosceva, pur essendo nata nella zona. Si girò verso di lui e vide che aveva chiuso gli occhi, quello era il primo momento di debolezza da quando erano insieme, ed ormai erano passate più di sei ore.
Lei aveva dormito nel pomeriggio e non aveva certamente lavorato la sera, eppure lui era sempre stato lucido in una maniera impressionante, mentre lei aveva avuto bisogno di almeno un paio di caffè per restare sveglia lui era sempre stato attento a tutto ciò che succedeva.
Però la sua presunta stanchezza durò meno di un attimo, si rese conto che era perso nei suoi pensieri, assorto e la sorprese quando d'un tratto riprese il dialogo.

"Ti starai certamente chiedendo perché siamo qui"
"Veramente no, penso che anche qui incontreremo qualcuno"
"Nessuno, adesso siamo soli e aspettiamo"
"Cosa stiamo aspettando?"
"L'alba. Quante volte hai aspettato il nuovo giorno?"
"Lasciami pensare"
"Te lo dico io, quasi mai. 
Tutti conoscono il tramonto, pochi il sorgere del sole e lo sai perché? Perché costa fatica e richiede uno sforzo, sia che tu decida di alzarti presto o di non andare a dormire, devi andare incontro ad un sacrificio e noi non siamo più abituati ai sacrifici. 
Siamo una società che vive il tutto e subito, che vuole le cose e non ha la benché minima voglia di aspettare, non siamo disposti a fare nessuno sforzo per avere ciò che desideriamo. Anzi abbiamo dimenticato cos'è il desiderio, quel misto tra l'attesa dell'evento e la gioia che ci da raggiungere una meta. 
E poi diciamocelo a cosa serve vedere nascere il sole? A nulla in particolare è solo una piccola soddisfazione per gli inguaribili romantici, meglio quindi un buon letto caldo."

Era stata di nuovo spiazzata.
Quell'uomo la sorprendeva di continuo, non avrebbe mai immaginato domenica sera che il suo salvatore fosse anche in grado di pensare. Anzi, vista la ferocia con la quale aveva picchiato il disonorevole, lo aveva catalogato come una bestia.
Certo, adesso iniziava a capire perché quando aveva raccontato il misfatto alle sue amiche esse avevano iniziato a sorridere e non capiva l'insistenza con la quale le avevano imposto di ringraziarlo di persona, loro volevano che conoscesse quell'uomo particolare, lei che aveva la possibilità di avvicinarsi a lui.

Pian piano, da un punto indefinito del mare alla loro sinistra iniziò a sorgere il sole. Prima comparve un puntino luminoso, che pian piano si trasformò in una striscia dorata, poi come per incanto dove prima c'era buio, adesso era tutto luce e il sole si era ormai staccato dall'orizzonte e lei si sentì rinascere.

Quella notte era stata come una doccia per la sua anima, le aveva scrostato via di dosso le amarezze degli ultimi mesi e si sentiva rigenerata, come nuova.
Eppure non c'era stato un momento particolare, un evento che l'aveva portata al punto in cui si trovava adesso, era successo tutto pian piano e solo adesso se ne rendeva conto, lui l'aveva portata per mano fino alle soglie della tranquillità.

"Tu lo sapevi che sarebbe successo?"
"Cosa?"
"Che mi sarei sentita così, rinata"
"No. Io non so come ti senti e non potevo ovviamente pianificare le tue reazioni, ma quando ieri sera ci siamo conosciuti, ho percepito che in te stava germogliando il seme della chiusura verso il resto del mondo, verso il prossimo.
Ho solo cercato di farti vedere che ci sono vite diverse che ti scorrono affianco e tu non ne sei a conoscenza. E' vero, tu hai subito dei traumi, hai sofferto, ma sostanzialmente hai delle prospettive. Quando si è in difficoltà, chiudersi e rifiutare l'aiuto degli altri è la scelta peggiore che si possa fare. 
Capire che gli errori di qualcun altro non possono e non devono rovinare la nostra esistenza è quello il punto di svolta.
Ieri sera eri in bilico tra essere un puntino nel mondo e parte di esso. Io mi auguro solo che da adesso, la tua vita futura, sia incanalata verso la giusta direzione."

Però questa volta non la spiazzò, aveva iniziato a capire quali abissi di sensibilità albergavano nel suo animo e iniziava a farsi un'idea precisa dell'uomo che si nascondeva dietro un avatar a forma di cameriere.

Lui rimise in moto, il viaggio era finito e dovevano tornare alla loro vita di tutti giorni, al punto in cui tutto era iniziato, il parcheggio del ristorante.

"Lo sai che non mi hai detto il tuo nome? Che non mi hai chiesto nemmeno come mi chiamo"
"Certo, è stata una mia libera scelta. L'ho fatto di proposito"
"Perché?"
"Perché così puoi uscire da questa notte scegliendo di dimenticarla o di ricordarla. Sei libera di pensare che sia stato solo un incubo o un sogno. Niente ti lega a me, se non qualche ora trascorsa in mia compagnia e una che io sarò uscito da quella portiera potrai girare l'auto e decidere di non rivedermi mai più"
"Questo vuol dire che mi liquidi qui? Che non ci saranno più altre notti da passare insieme?"
"No, ho detto che sei semplicemente tu che deciderai se ci saranno altri punti di contatto tra di noi"

Erano arrivati e lui spense l'auto, si girò verso di lei e si rese conto di quanto fosse bella. In quel momento aveva l'espressione più tenera e smarrita del mondo, ebbe di nuovo la tentazione di abbracciarla, questa volta cedette, appoggiò la sua cascata di capelli sulla sua spalla e lei iniziò a piangere emozionata.

"Io non voglio ci siano altri punti di contatto tra di noi. Io voglio che tu ci sia di nuovo nelle mie notti. Ti voglio conoscere e desidero capire chi sei e come sei. Voglio parlare con te, ridere con te.
Io voglio che tu ci sia in già questa notte e per tutte le notti che verranno e che mi restano da vivere"

"Piacere, io sono Giacomo"
"Io sono Anna"

Lei si girò verso di lui, le lacrime erano finite, lo baciò.



FINE

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