Erano anni che non scrivevo un racconto, erano anni che non mi cimentavo con qualcosa di complesso come una storia, ed ho dovuto ricominciare con qualcosa che fosse per me familiare, cosa lo scoprirete verso la fine.
Spero non vi dispiaccia lo scritto nel suo complesso, che vogliate condividerlo se dovesse piacervi e vabbè, che dire, buona lettura.
Era una serata particolare, l'indomani sarebbe stato il suo
compleanno, le sue nozze d'oro con la vita e siccome quel anno l'avvenimento
sarebbe coinciso con un lunedì (mai come adesso aveva un senso odiare un
inizio di settimana), avevano deciso che avrebbero festeggiato da
soli il giorno prima.
Si erano quindi svegliati tardi quella domenica mattina e
nella semioscurità della loro camera si erano concessi un pò di coccole a letto,
così come fanno i giovani innamorati, quali d’altronde erano per davvero,
perché seppure l'età anagrafica ricordava loro che la fanciullezza era passata
da un bel po’ di tempo, la felicità e l'euforia dei loro cuori, faceva invidia chi
li conoscevano.
E come dar loro torto? Era successo tutto in fretta,
incredibilmente e dannatamente in fretta, che ripensandoci ancora oggi, dopo
alcuni anni, facevano fatica a capacitarsi di cosa era capitato loro.
Si erano conosciuti e quasi frequentati per alcuni mesi. C’erano
stati saltuari scambi di saluti e cordiali frasi di circostanza, poi
all'improvviso, senza una sola ragione, senza un valido motivo, quasi per caso,
la vita aveva fatto scoprire loro che erano indispensabili l'uno per l'altra,
avevano capito che le loro esistenze erano state prima di quel momento vuote e inutili
e che non avrebbe avuto alcun senso vivere separati.
Questa scoperta però coinvolgeva automaticamente tutte le
altre persone che facevano parte delle loro vite, compagni, figli, parenti e
amici. Si resero conto sulla loro pelle, nell’istante stesso in cui decisero di
dare quella svolta inattesa alle loro vite, che avevano terremotato le altrui
esistenze e questo rallentò di molto il processo di assestamento, ma non lo
fermò perché erano nati per vivere insieme e nulla avrebbe impedito ciò.
Si presero il loro tempo, tutto quello che serviva loro, ma
alla fine trovarono un equilibrio, decisero e procedettero spediti per la loro
strada, spiegando a chi potevano spiegare e mettendo di fronte al fatto
compiuto, chi non avrebbe avuto i mezzi per capire.
La loro scelta fu felice, ed ancora oggi lo erano, certi
che tutta quella gioia non li avrebbe abbandonati facilmente.
Ed ora stava rientrando a casa, dopo aver esaudito quel suo
strano desiderio, un paio di pizze per cena. Strano perché avevano pranzato in
un ottimo ristorante vicino al mare, dove ovviamente servivano esclusivamente pesce,
scelta sulla quale si era impuntato lui, perché non aveva assolutamente voluto
che lei si mettesse ai fornelli quel giorno.
Era una cuoca di mestiere, di quelle che avrebbero
resuscitato i morti con il solo profumo dei suoi piatti, ma era allo stesso
tempo parte della festa e non al servizio della stessa. Lei era la sua
sorridente metà, senza di lei non avrebbe avuto senso festeggiare quel compleanno
e non avrebbe mai voluto che i suoi occhi incantevoli verdi mostrassero un solo
barlume di stanchezza. L’amava per davvero ogni giorno di più e anche se tutto
ciò poteva sembrare impossibile, chi lo ha detto che le vie del cuore debbono
seguire quelle del raziocinio?
Erano passati poco più di due anni, da quando l’aveva
conosciuta ed amata, ma ogni istante era stato per lui eterna felicità, ne serbava
il ricordo in maniera indelebile e questo gli consentiva di essere sempre premuroso
nei suoi confronti.
Le pizze non erano un gran che e nessuno più di lui poteva
saperlo. Era di orgine meridionale ed aveva vissuto sin troppo tempo nei
ristoranti, ricevendone però in cambio la capacità di affinare il palato a tal
punto che riusciva a sentire ogni sorta di retrogusto nei piatti che assaggiava,
ma che la pizza fosse pessima, quello lo avrebbe capito chiunque, anzi nessuno
più della sua dolce metà poteva saperlo, ma lei la desiderava quella margherita
e avrebbe avuto quella pizza.
Girò con la mano destra la chiave nella porta, mentre i
cartoni in bilico sul braccio sinistro e fu accolto dalla solita luce soffusa
del salotto, che tanto gli piaceva. Era un’ambientazione che sapeva di intimo, aveva il dolce gusto di baci
e carezze scambiate sul divano, era la
loro isola felice, una penombra che spesso nascondeva a prima vista i
loro piccoli e intimi momenti di reciproco desiderio, nullo che non si possa
fare alla luce del sole, ma a loro, quel gioco di ombre piaceva da morire. Avevano
passato splendide ore immersi in quell’assenza di luce, stuzzicando delicatamente
i reciproci sensi, prima concludere poi tra le pareti della loro stanza, quel
sensuale gioco di eros e amore.
Si avviò verso la cucina, dove avrebbe posato i contenitori
sul tavolo e stava per chiamarla, quando la intravide che gli andava incontro,
felina, con indosso soltanto la sua camicia azzurra preferita, abbottonata
soltanto con gli ultimi bottoni in basso, così da nascondere a malapena la sua
intimità, ma rendendo estremamente sensuale ogni suo movimento.
Aveva forme generose che si intravedevano all’interno di
quella scollatura artificiosa e la gola gli andò in fiamme in un solo istante,
perché sapeva cosa quei lembi di stoffa nascondevano alla sua vista.
Aveva poi sciolto i capelli, che le arrivavano sino al
colletto della camicia e non aveva nemmeno un filo di trucco. Era naturalmente
bella e si era vestita soltanto di quella tremenda bellezza che fece prigionieri
lui ed il suo cuore qualche anno prima.
Amava quella donna, la amava alla follia e non lo aveva mai
mai mai sfiorato un solo dubbio, sin dall’istante stesso in cui lo aveva stregato
con il suo sorriso. Lei lo rendeva felice, semplicemente perché esisteva.
Con le mani gli stava indicando il divano, lasciandogli
balenare nella mente dolci fantasie che tra li a poco si sarebbero tramutate in
tangibili realtà e così obbedientemente si sedette, aspettò che si avvicinasse
e con le mani si avvicinaò a quegli ultimi bottoni della camicia…..
Un rumore in cucina, un miagolio, il gatto doveva avere
fame.
Si riprese a fatica dal suo torpore, si era addormentato
davanti alla TV e l’aveva sognata, di nuovo. Ancora oggi, dopo così tanto tempo,
lei era musa e desiderio, fantasia e dolore, la sola ragione della sua vita per
cui era ancora vivo ed il motivo che desiderava di morire ogni giorno. Lei era
l’amore per cui avrebbe rinunciato a tutto per ricominciare daccapo, altrove,
se solo lo avesse ascoltato, se solo gli avesse permesso di dirle guardandola
negli occhi, che l’amava.
Abbasso il volume della TV, mentre Renato Zero iniziava a cantare
Magari, perché in quel momento non aveva nessuna voglia di confondere la sua
voce rotta dal pianto, con quella del cantante romano. Si asciugò per l’ennesima
volta le lacrime con il dorso della mano, guardò fuori dalla finestra e si
ricordò che quello che stava arrivando non era più solo il suo ennesimo
compleanno, no, quello era l’anniversario del giorno in cui aveva capito che
non avrebbe avuto mai più nessun altra donna nella sua vita. Quello che stava
per iniziare era il giorno in cui lei gli aveva regalato il suo cuore, il dono
più dolce e allo stesso tempo più tragico che avesse mai ricevuto, perché da lì
a qualche ora sarebbe andata via, lasciandolo senza una spiegazione, senza una motivo,
senza una parola, lasciandolo in balia di qualcosa tremendo, di immenso e di imbattibile, l’amore infinito che provava
per lei.
“Ciao ammoremio,
ovunque tu sia, sappi che il tuo cuore è in buone mani e lo custodirò in
silenzio, con cura, perché la tua felicità
è per me la sola ragione di vita.
Ti amo”
Sussurrò sottovoce, spense la luce e rimase in attesa,
sdraiato sul divano, aspettando che si facesse giorno.