MONTALE

Ieri sera mi sono perso in mille pensieri di basso lignaggio, cose talmente stupide e banali che meritano l'onore di essere pubblicate, fosse anche solo per farti capire quanto è minimo il mio comune ragionare.
Questo avverrà domani e ti darò così modo di ridere di me per l'intero fine settimana.


Però una cosa buona ne è venuta fuori da quelle ore che ho perso a bighellonare intorno al vuoto assoluto, ed è stata la fortuita riscoperta di questa bella poesia di Montale, non chiedermi come la memoria mi ci ha riportato, non lo ricordo più nemmeno io.
Di solito questo poema è legato ad atavici ricordi scolastici, ma estrapolata da quell'ambito, riletta tanti anni dopo, devo ammettere che ha un suo perchè e anche profondo ad essere onesto.

Leggila, senza ricercare nella memoria lontani ricordi, leggila e vivila come se fosse la prima volta, è davvero bella.

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

Vedi che a cazzeggiare con se stessi ogni tanto qualcosa di buono lo si combina........

SAKINEH NON DEVE MORIRE

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