30 lug 2010

PER TETTI




Camminare sui tetti è sempre un'avventura particolare, perchè spesso mi è capitato di farlo non avendo intorno nulla che ostacolasse la mia vista, così che lo sguardo aveva la possibilità di spaziare sino all'orizzonte e oltre.

Ho vissuto quest'esperienza qualche volta anche a Salerno, avendo di fronte solo quell'enorme distesa di acqua azzurra chiamata mare e vederla dall'alto significa vivere un'emozione non descrivibile con le parole che fin'ora l'uomo ha inventato, ma anche qui, immerso nel verde lussureggiante, in alcuni posti si ha la possibilità di fermarsi ad osservare panorami intensi, sapendo che ad altri sono negati, perchè quel punto di osservazione è solo mio.

Spesso le mie "passeggiate incoscienti", sono per lo più attimi di lucida deficienza, perchè camminare sul colmo di un tetto, con le due falde fortemente inclinate (scivolare quindi risulterebbe sicuramente fatale) a più di sette metri da terra e senza nessuna protezione e misura di sicurezza, è si davvero pura idiozia, ma sapessi quant'è adrenalinico.....

E pensare che la prima volta che ho mosso i miei passi su di un'impalcatura, essa era montata a perfetta regola d'arte, su una delle strade più trafficate di Salerno e il piano di appoggio per i miei piedi era a 28 metri da terra. Sudori, tremori e un senso di paura hanno iniziato ad attanagliarmi, ho scoperto solo in quel momento di una cosa che non sapevo prima, soffro di vertigini o meglio come si dice in gergo, mi mancava l'aria. Cioè non avevo la sicurezza che si acquisisce con la frequentazione dell'altezza, tutto di conseguenza risultava amplificato e anche il normale timore che si deve avere quando si fa qualcosa di pericoloso, diventava in quel momento panico. Però a quella passeggiata ne sono seguite necessariamente tante altre (le lavorazioni riguardavano anche le facciate del palazzo) e ho così acquisito la sicurezza nei miei mezzi, arrivando a conoscere i miei limiti in merito.

Oggi a 41 anni mi ritrovo a salire e scendere con scioltezza estrema e molta agilità dai ponteggi e questo mi inorgoglisce, perchè non è da tutti la possibilità fisica di poter accedere a certi punti di osservazione.

Il mondo visto dall'alto, in condizioni estreme, assume per me dei sapori diversi. Gli occhi si perdono in continuazione, nella ricerca di nuovi angoli di cielo e fanno poi fatica a ricongiungersi con lo sguardo che fissa il vuoto. Perchè in quei momenti si crea una sorta di distacco tra l'essere che vede ciò che lo circonda e quello che lo vive il paesaggio come se quasi volesse immergersi in esso e anche se le prospettive sono simili a quelle di chi ha un balcone o una terrazza, il gusto saporito del pericolo accentua ogni emozione. Oltretutto se a questo aggiungi la necessità che ho a volte di isolarmi per riflettere (clicca qui), capirai quanto sia sempre per me piacevole trascorrere qualche minuto immerso nel blu del cielo, che è davvero più vicino e non solo di quei sette metri che mi separano dal suolo.

Perchè come dice la canzone........



d'improvviso venivo
dal vento rapito,
e incominciavo a volare
nel cielo infinito.

felice più in alto del sole
ed ancora più sù,
mentre il mondo
pian piano spariva laggiù,
una musica dolce suonava
soltanto per me.

P. S. Come ho sempre detto, la musica e la foto sono parte integrante del post. Nascono con esso e ad esso si sposano e si fondono, fino a farne una cosa sola. Dopo una strenua ricerca ho trovato la versione perfetta per questo scritto, ma sopratutto quest'aggiunta è per omaggiare e ringraziare Elena, che mi ha fatto dono della bellissima foto che vedi e che simboleggia perfettamente ciò che voglio dire, avendo come soggetto un faro. Se l'avessi cercata io, mai l'avrei trovata. GRAZIE di cuore quindi a Elena, sei e sarai sempre una persona a me cara. Mi spiace solo non riuscire ad avere dei rapporti cordiali con te, ma vediamo il mondo in un modo diverso e mai come in questo caso sono certo di essere nel giusto.

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