5 gen 2011

I PERCHE' - Limiti e ingerenze




Questo post e qualcun'altro che lo seguirà, nascono da un'idea che non è mia. Nella vita bisogna sempre dare a Cesare quel che è di Cesare.

Lo spunto mi è stato regalato dalla riflessione che ha fatto tempo fa una persona a me cara. Lei mi ha posto una serie di quesiti, facendomi in quel momento inquadrare delle situazioni che sto vivendo, con un'ottica diversa.


Spero che qualche anima pia, mi aiuti con il proprio punto di vista, ad ampliare le basi su cui posso poggiare le mie personali elucubrazioni.


Qual'è il limite oltre al quale non è necessario spingersi quando bisogna adempiere ad un proprio obbligo? Te la sei mai posta questa domanda naufrago? Pensaci un secondo su e poi continua la lettura.


Ecco, mi auguro che le persone che qui trascorrono qualche istante della loro giornata non hanno, come di solito avviene in questi casi, banalizzato la risposta con un subitaneo nessun limite. Esiste sempre un punto di non ritorno per ogni circostanza, un estremo invalicabile che non bisogna mai oltrepassare, ma che è necessario capire qual'è di volta in volta.

Ti porto alcuni esempi per farmi meglio comprendere.

Il mio datore di lavoro "ha acquistato" con lo stipendio parte del mio tempo, uno spazio della mia giornata che devo riservargli impegnando le mie conoscenze e la mia presunta intelligenza. Però mi chiedo, se una lavorazione necessaria e impellente rischiasse di mettere a repentaglio la mia incolumità, io come mi devo comportare?

Se mi ritrovo fisicamente menomato a causa di un infortunio o una qualsivoglia malattia che mi impediscono o anche solo rallentano ogni movimento, sono comunque obbligato a recarmi al lavoro, perché la mia assenza implicherebbe il contemporaneo fermo di altre persone?

Se una coppia è esplosa, ed è tale solo di fatto e per parvenza, l'eventuale innamoramento da parte di uno dei due di un terzo incomodo, è automaticamente qualcosa di immorale o è giusto che un uomo o una donna non debbano perseguire la possibilità di essere felici in nome delle convenzioni e del perbenismo?

Allora torno alla domanda iniziale riformulandola e me ne pongo anche qualcun'altra.
Esiste un vincolo sancito a prescindere, fisso ed inviolabile, che mi obbliga a compiere delle azioni? E se no, perché ci sono delle persone che si sentono in grado di poter decidere a prescindere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato? Infine, chi dà a queste persone la possibilità di poter pontificare senza conoscere le circostanze su cui si esprimono?


Devo confessarlo, se c'è una cosa verso cui sono intollerante e che io non ammetto a prescindere, è l'ingerenza nei fatti altrui da parte di persone che ragionano secondo schemi precostituiti. Chi in pratica non analizza ogni situazione, inquadrandola di volta in volta nel proprio contesto.
Penso che ogni cosa vada contestualizzata nell'ambito in cui si sviluppa, comprendendo i pro e i contro di ogni punto di vista e solo dopo, ognuno di noi, può esprimere la propria opnione, assumendosene la responsabilità.
Questo, ovviamente, non significa che non bisogna avere un'idea generale, ma essa non può e non dev'essere fissa e inviolabile. Credo, che come un vestito sartoriale, bisogna che ogni volta un'opinione dev'essere cucita sulla vicenda che viene presa in considerazione.

I dubbi e le considerazioni che vi sto proponendo, sono frutto anche della stanchezza che porto verso chi pontifica dall'alto della propria presunzione di verità, portatori del verbo divino che si permettono intromissioni in situazioni delicate a loro sconosciute, solo per il piacere di sentire il suono della propria voce.
Il fatto è che sto vedendo delle persone a me care soffrire per questo e mi chiedo se il mio punto di vista, quello che ho cercato di far capire loro, è sbagliato o no? Se è giusto alleviare le tensioni, causate da chi è legato loro da un vincolo di parentela, ma che alla fine parla senza sapere nulla della vita dei loro presunti cari.

I preconcetti e i pregiudizi sono duri a morire lo so, sopratutto qui al sud, ed è per questo che mi chiedo quando inizieremo ad usare il cervello, togliendolo dall'imballo in cui ci è stato donato?

Forse è questa la vera domanda che mi dovrei porre.......



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3 commenti:

  1. Ti sei posto una bella serie di domande toste :-))
    personalmente penso che sarei stata un pessimo 'giudice',cerco sempre tutte le attenuanti possibili per ogni situazione
    e comportamento...
    nel mio 'pellegrinare' tra la gente mi scontro
    spesso in chi sà tutto e di più
    di ogni vicenda,
    senza che abbiano la minima
    capacità di analizzare la natura 'storta' dell'uomo a cominciare dalla propria,
    se sono poi moralisti divento
    impetuosamente ironica dicendo che tutti abbiamo un cadavere nell'armadio.
    Ho vissuto sulla mia pelle certe sensazioni e situazioni,ma ho sempre guardato avanti...
    le uniche persone a cui devi rendere conto sono quelle che ti vogliono bene davvero,
    ma devi volerti molto bene anche tu perchè capiscano......
    gli altri
    intanto prima o poi inciampano :-))))
    nonnina
    ps.scusa l'ora ma le mie colleghe befane non mi
    volevano ridare la scopa per rientrare...
    notte notte...

    RispondiElimina
  2. Caro Guardiano, io sono del parere che ognuno di noi debba poter decidere della propria vita in assoluta libertà,senza nessun obbligo di qualsiasi genere che sia lavorativo o d'amore.Detto questo ti pongo io una domanda riguardante il tuo quesito sul terzo incomodo, chiaramente non è il mio caso, ma di un amica a me cara. Come può un uomo intrattenere una relazione con un altra donna e tenersi la sua? oltre tutto non ammette la sua relazione, anzi davanti all'evidenza continua a negare, perché non lascia libera la sua compagna? non penso sia per perbenismo dato che pur avendo dei figli sono una coppia di fatto, io vedo molto narcisismo in tutto questo,( chiaramente è un mio modo di vedere) tu cosa ne pensi? - Rosa Santagati

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  3. NONNINA

    Ma io amo le difficoltà, con esse mi diverto perchè in qualche modo le sento stimolanti e poi le ho condivise con voi, quindi pesano di meno.
    Tutto abbastanza condivisibile quello che pensi e scrivi, ma a volte la pazienza di aspettare il cadavere del nemico o presunto tale non c'è, monta la rabbia e partono le domande. Ecco il senso di questo post e di quelli che seguiranno.

    ROSA

    In primis grazie di questo tuo intervento sul blog.
    Entrando nel merito della vicenda di cui mi hai accennato(credo di sapere a chi ti riferisci), c'è un passaggio che forse non ti ho fatto capire bene.
    Il terzo o la terza incomoda, sono tali quando esiste una coppia. Quando due stanno insieme solo per far vedere agli altri, ma non provano nemmeno una briciolo di affetto reciproco, non si amano, allora l'altro/a forma la coppia, la nuova coppia.
    Quello di cui parli tu invece è l'uomo che ha due piedi in una sola scarpa, troppo comodo, oltretutto se ho ben inquadrato la persona, scusa, ma non vedo nulla per cui possa essere narciso. Spero che anche lui come me eviti gli specchi per evitare l'orrenda immagine riflessa.

    RispondiElimina

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