Ho ricevuto la lettera che segue la scorsa settimana, mentre ero preso dal trip del racconto. E' stata inviata al Guardiano da una persona che sto imparando a conoscere e stimare.
Mi sono fermato a leggerla e vi invito a fare la stessa cosa, dopo vi racconto le mie reazioni.
Questa è la storia vera di una nonna/mamma Paola e di suo nipote Giovanni.
Alla sua nascita del piccolo Giovanni, i genitori si separano per una serie di difficoltà insormontabili, il neonato viene affidato dal tribunale dei minori alla nonna allora 38enne ....
Lei lo cresce con amore e lo segue a scuola, il bambino le regala tante soddisfazioni, è un bravo alunno....
Paola lavora molto, ma trova il tempo di portarlo al parco giochi e fargli coltivare le sue passioni, tra queste il calcio innanzitutto...
Paola a un certo punto della sua vita si accorge di avere un tumore, ma è una donna forte e lo sconfigge per il momento, come tutti quelli che hanno avuto a che fare con la malattia, sa che dovrà sempre fare attenzione.
Sono passati 9 anni, la mamma di Giovanni latitante fino ad allora, dopo tutto questo tempo, si reca dai servizi sociali e dice di desiderare di riallacciare i rapporti con il figlio, le è dovuto.
Giovanni non conosce la mamma e durante i loro incontri non la riconosce come tale, non scatta la 'scintilla', non si fida di lei.
Ha paura.
La mamma chiede al tribunale dei minori, tramite i servizi sociali, che il figlio venga allontanato dalla nonna. La genitrice pensa che sia Paola la causa dei suoi problemi.
Le debbono dare retta, lei è la mamma.
La soluzione è una casa famiglia, con sbarre alle finestre.
Adesso è lì che Giovanni si trova, insieme ad altri bambini, che però hanno subito cose terribili dai loro genitori.
Essi lo guardano increduli quando racconta che la sua nonna lo ha sempre amato e non gli ha mai fatto la doccia gelida se non mangiava.
Non dormo più con la mia nonna, guardo le sbarre alle finestre e penso a cosa ho fatto di male a quella signora che dice di essere mia madre, non capisco perchè mi ha fatto chiudere in questa prigione, io sono solo un bambino, mi manca la mia casa la mia mamma Paola.
Io ti odio sei cattiva, mi costringono a baciarti quando arrivi e vai via, mi vogliono educare ma a te chi ti educa.
Questo ho letto nel suo diario 18 mesi fà.
Giovanni è ancora in una casa famiglia, parlo con Paola e capisco dalle sue parole che deve rimanere remissiva per riuscire a far tornare il suo amore a casa.
Provo tanta rabbia nei confronti della mamma, contro la istituzioni e tanto dolore per Giovanni che vuole parlare con il Giudice perchè vuole tornare a casa, ma non può,
lui è solo un bambino.
Io ho quando ho finito di leggere questa mail, ho dovuto sospendere il dialogo che stavo facendo e mi sono fermato per un paio di minuti. Ho avuto la necessità di respirare e di rallentare il battito del cuore, mi tremava troppo dall'emozione.
Capisco e comprendo tutte le ragioni della donna che desidera essere madre, ma perchè rubare l'infanzia al figlio per arrivare ad un risultato che non avrà mai, lei lo ha rifiutato alla nascita, gli ha dato il benservito e messo in un angolo della sua vita.
Se proprio si vogliono riannodare i fili di certi discorsi si fa da grandi, quando l'essere si è formato ed è in grado di capire e decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Così si ruba cancella a un bambino e lo si traumatizza.
Io non sono uno psicologo, non sono un educatore e nemmeno un assistente sociale, ma di fronte a questa situazione, agirei diversamente.
Correggetemi se sbaglio.
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Certamente la signora Madre non è affatto una buona madre altrimenti avrebbe scelto la cosa più giusta per il bambino , ossia lasciarlo vivere con la nonna , la persona che si era sempre preso cura di lui e magari piano piano senza traumi entrare in punta di piedi nella sua vita per cercare di recuperare un pochino di tempo perduto ......Non si usano i bambini per colpire chi si è sacrificato per loro . Madre indegna ...GP
RispondiEliminaIo non mi sento di giudicare la madre,( magari troppo giovane non ancora pronta per prendersi delle responsabilità) anche se non condivido l'abbandono del figlio...ma al posto suo avrei agito diversamente, riallacciato i rapporti con mia madre..con dolcezza e piano piano mi sarei riavvicinata a mio figlio, prima di tutto guadagnandomi il suo affetto....ma mi rendo conto che non tutti siamo uguali e con la forza non si ottiene niente...Ammiro la nonna, grande donna...non concepisco la legge, di conseguenza il Giudice che ha agito così...l'unico che avrà conseguenze negative sarò il bambino. Mi auguro con tutto il cuore che il Giudice ribalti tutto, così Giovanni potrà ritornare a casa sua!!! G.
RispondiEliminaIo nn giudico, osservo la reazione del bambino e ovviamente quali sono i traumi che subisce.
RispondiEliminaUna precisazione dovuta, non è detto (non lo so per certo) che la nonna sia la materna
e' sempre doloroso commentare vicende simili,
RispondiEliminaniente giudizi su nonna e mamma,
il loro vissuto è di persone adulte,
ora il loro scopo unico deve essere quello
di far star bene il minore,
Giovanni ora in questa sua nuova vita sente
la mamma nemica,con torto o ragione,è questo che
percepisce,le case famiglia non sono la soluzione
migliore,o almeno,non lo sono in casi come questo, le mamme e le istituzioni devono ascoltare di più i minori,e le loro emozioni.
Se tuo figlio sta bene anche tu stai bene,
non usateli per un vostro tornaconto...
nonnina
La domanda che mi pongo è la seguente:
RispondiEliminaSe il pensiero comune, il sentimento di gran parte delle persone che vivono storie come queste, si esprime per una diversa soluzione al problema, come mai le istituzioni, la legge, prevede questo tipo di iter?
Io è qui che mi inceppo e non riesco ad andare oltre