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CAPITOLO 2
La serata era stata tranquilla, nessuna esuberanza esagerata, qualche ammicamento tra le ragazze più giovani e alcuni dei camerieri, ma probabilmente erano solo situazioni figlie di conoscenze precedenti, nulla che nascesse e morisse in quel locale.
Ormai gli anni in cui le donne uscivano in gruppo la sera dell'otto marzo per fare danni, regredendo al livello degli uomini, erano un ricordo perso nel tempo.
Forse era stata la crisi che lasciava a case le "frustrate" o forse semplicemente la maggiore libertà sessuale, che consente a una ragazza di avere ciò che vuole, quando vuole, ma certe esagerazioni non erano più proprie di quella festa, per la gioia di chi come lui, quella sera non solo lavorava, ma aveva delle responsabilità.
Guardò l'orologio, quasi le 23.00, tra poco avrebbe fatto servire la torta mimosa, lo spumante fresco era già su tutti i tavoli e per la mezzanotte la sala sarebbe stata vuota e lui fuori di lì.
Anche questa era andata.
"Maitre"
"Dimmi Luigi, problemi?"
Luigi era uno dei portabibite, un ragazzino educato, che non avendo una famiglia alle spalle che potesse supportarne gli sfizi, se li concedeva lavorando. Questo gli faceva onore e glielo rendeva simpatico, anche perchè poi gli ricordava tremendamente qualcuno.........
"Maitre, c'è una signora che la vuole"
"Vuole? Si dice desidera. Desidera me? Cosa avete combinato?"
"Niente, davvero. Mi ha detto che voleva parlare con lei. E' quella lì, al tavolo 11"
E il ragazzo indicò una figura femminile. Era sola, sulla trentina, mora, decisamente bella, ma non appariscente. Aveva lo sguardo basso in quel momento, forse una casualità. Il tavolo era apparecchiato per quattro persone, forse le altre erano fuori a fumare.
Si avvicinò lentamente, indossò il sorriso neutro di circostanza e con modi delicati e voce profonda chiese
"Posso esserle utile?"
"Si, grazie"
"Qualche problema? Qualcosa non era di suo gradimento?"
"No, tutto buonissimo, eccellente"
"Allora qualcuno l'ha importunata?"
E in quell'istante sul tavolo si materializzarono quasi dal nulla due orecchie da Minnie.
Non ci fu bisogno di altre parole, capì.
"Non so che dire, sono in imbarazzo"
"Anche io, ma volevo ringraziarla, senza di lei non so come sarebbe finita l'altra notte? Grazie"
"No, dai"
Gli era venuto spontaneo darle del tu, ma se ne pentì quasi subito, non era stato autorizzato a farlo.
"Guarda, invece si. Io ero lì, ho visto i suoi occhi, ho sentito come mi stringeva, il suo fiato sul collo e credimi, se non gli avessi dato quello che voleva se lo sarebbe preso con la forza"
La sentì di nuovo rabbrividire.
Tremava come l'altra volta. In quel momento il terrore era vivo nei suoi occhi e lui ebbe quasi l'istinto, la voglia di abbracciarla, ma non poteva e non doveva. Non gli competeva, non gli spettava.
Di certo però non poteva lasciarla in quello stato, così scossa e d'istinto abbozzò:
"Cosa fai dopo? Vuoi passare il resto della nottata a girare con me? Ti faccio conoscere delle persone"
Lei rimase sorpresa, quasi intimorita e non seppe mai spiegarsi perché si fidò. Accettò l'invito, annuendo leggermente con il capo.
"Ok, io stacco tra un'ora circa, forse prima. Ci vediamo davanti alla mia auto, quella dell'altra sera. Ricordi qual'è?"
"Si, perfettamente"
"Bene, se ci sarai vuol dire che non ci hai ripensato, altrimenti ti saluto qui. Buonanotte"
"No, a dopo"
Rispose decisa.
Pensò che l'avrebbe rivista.
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