4 mag 2012

UNO





Questo blog è frequentato prevalentemente da donne e questa è la diretta conseguenza di come nel tempo si è evoluto il mio rapporto con questo spazio. 
Ora però, so già che sto per scrivere  uno poco adatto ad un pubblico femminile, ma ne sento forte l'esigenza. Essa è nata nell'istante stesso in cui succedeva il misfatto che l'ha ispirato e non riesco a frenarmi, quindi sappiate, che ciò che andrete a leggere, tratterà di un aspetto del calcio molto particolare. 
A voi la scelta se proseguire o no.



Il calcio, per sua definizione è uno sport di squadra e questa è decisamente l'ovvietà del secolo, però, seppure si gioca in 11 contro 11, non so se ci avete mai fatto caso, quando si parla di schemi, di reparti, di uomini, la somma degli appartenenti ad ogni formazione è sempre un bel 10. Ecco, vi siete mai chiesti il perché di quest'anomalia? 
Io no, perché quel ruolo lì, l'estraneo, l'ho ricoperto. Ero l'unidicesimo, quello che gioca solitamente una partita a se, avulso dal resto della squadra, spesso solo in mezzo a tanti compagni. Anch'io sono stato il portiere.

Si, quello che per sua definizione è da sempre il più pazzo di tutti, temerario a tal punto da buttarsi incoscientemente tra le gambe degli avversari solo per cercare di fermare un pallone. Uno che di paura ne deve avere davvero poca, perché anche se di contrasti duri non ne subisce quasi mai, nella migliore delle ipotesi, un paio di volte a partita deve buttarsi in terra a tutta velocità per fermare quella maledetta sfera che fila diritta in porta, sapendo tra l'altro che nessuno dietro di lui potrà in qualche modo correggere un suo eventuale errore e credetemi, quando si gioca a livello amatoriale, sui campi in terra battuta, ci vuole davvero tanto, ma proprio tanta incoscienza per tuffarsi, perché già sai che ti farai del male.

Ecco, quel ruolo all'interno di una squadra è davvero strano, perché se per gli altri la partita è fatta di coinvolgimento totale con o senza pallone, movimenti sincronizzati, scambi di opinioni costanti con i compagni, il portiere è spesso solo con se stesso, attento, concentrato, ma comunque sia solo in mezzo a tante persone e ci vuole davvero una forza interiore incredibile, per rimanere presenti per tutto l'incontro.

Oltretutto se poi andiamo ad analizzare l'intera storia del calcio, ci tornano in mente solo pochi portieri, Zoff, Buffon e pochi altri, perché solo alcuni sono stati capaci di quei grandi gesti che li hanno consegnati alla leggenda.
Del mitico Dino ho sempre davanti agli occhi la parata contro il Brasile nel 1982 ad un minuto dalla fine e la freddezza con la quale rimase immobile per far vedre all'arbitro che la palla era sulla linea. Di Gigi, invece, faccio fatica a trovare l'intervento che lo contraddistingue, ne ha fatti così tanti e tutti con una tale naturalezza, che fanno sembrare semplici ai profani del ruolo anche quelli impossibili. Si, è corretta l'affermazione che ha fatto ieri sera Maurizio Crosetti (giornalista di Repubblica), dicendo che è il miglior portiere che il mondo abbia mai visto giocare tra in un campo di calcio.

Però, anche questi campioni hanno commesso quell'errore che li ha fatti tornare umani. L'ultimo in ordine di tempo è quello di mercoledì sera, quando una maledetta palla è schizzata sul piede del portierone juventino, per poi andare in rete.
In quell'istante io non avrei mai voluto essere Buffon, o meglio non avrei mai più voluto provare quella sensazione, perché il gioco riprende comunque sia, la palla corre avanti lo stesso e i tuoi compagni cercano di mettercela tutta per recuperare l'incidente, ma tu sei di nuovo solo con te stesso e con il gol che ti torna di nuovo dentro, accelerato, rallentato, sei lì che lo rivedi in ogni modo e ti chiedi com'è stato possibile? Ma come? ho fatto miliardi di interventi impossibili, ho tolto la ragnatela dall'incorcio dei pali per evitare una rete e quella palla è entrata e ha rovinato una partita, forse un campionato.

Solo, uno contro se stesso, ma con l'aggravante che quel nemico è il peggiore che esista, perché conosce il lato oscuro e ti ci trascina dentro. Ci fosse di fronte, dopo un solo secondo, Maradona, Ronaldo, proveresti a fermarli, ma la palla è altrove, la squadra attacca, nessuno può confortarti e tu sei solo.

Uno.

Uno contro tutti, ma soprattutto uno contro se stesso. Uno che deve ricostruirsi, ma che deve farlo senza ripensare mai più a quel momento, altrimenti rischi di sgretolare quanto di buono hai costruito in un intero campionato, in tutta la tua carriera, perché quell'errore non macchierà mai la tua storia personale, ma se dovesse essere decisivo per le sorti finali della tua strada, sai già che ci saranno altre notti insonni a minare le certezze che hai costruito.

Ed allora, nulla deve più dipendere più da quel momento, ma lo sarà dal modo in cui entrerai in campo la volta dopo, dalla serenità che avrai nello sguardo prima della partita che segue e da come affronterai il fatto che dovrai restare di nuovo solo.
Uno contro il resto del mondo, ma che deve battere prima se stesso e la solitudine del ruolo, per dimostrare agli altri, che ogni campione è prima di tutto un uomo capace di sbagliare, ma che a differenza di tanti altri, si alza e ricomincia daccapo. Da solo.

Comunque sia, comunque andrà a finire quest'intero campionato, la cosa che adesso più mi preme di sapere e che osserverò con estrema attenzione, sarà quindi lo sguardo che tirerà fuori dall'anima Buffon, approcciandosi l'incontro con il Cagliari. Voglio vedere, come un vero numero uno si approccerà ad un nuovo scontro con la solitudine e i fantasmi che di certo in essa si annideranno.

In bocca al lupo, Gigi ....




5 commenti:

  1. ma quanto mi piace questo guardiano!
    amo i post di questo genere, peccato che siano un po' rari.
    kik

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    1. Devono essere ispirati, quando nascono, poi sono qui sul blog.
      Grazie, come sempre, dell'attenzione.

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  2. Bellissimo! Quando c'è il cuore, lo si ritrova non solo nelle storie d'amore, ma in qualunque argomento si affronti e tu Guardiano di cuore ne hai!!!
    Stupendo il passaggio: "ho tolto la ragnatela dall'incrocio dei pali per evitare una rete"... Coinvolgente!!!
    RE

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    1. Ad onor del vero, i ganci posti dietro una traversa, sul campo di Mariconda, mi hanno lasciato un segno sul polso sinistro, che solo qualche cm più in là potevano dar adito a un possibile tentativo di suicidio :-)

      Ne ho fatte di cavolate tra i pali

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