8 set 2011

LEGGIADRA STELLA - Introduzione





Quella che leggerete di seguito, è l'introduzione al libro "Leggiadra stella".

E' effettivamente molto lunga e richiederà tanto del vostro tempo e molta attenzione, ma racconta con dovizia di dettagli, tutta la storia d'amore di John e Fanny, spiegando il contesto in cui viene vissuta e tutto ciò che ha scatento. 

Seppure vi porterà via molti minuti, rubandoli di certo a cose più importanti, vi consiglio di leggerla, perchè solo così potrete comprendere e vivere ciò che loro hanno provato e se poi pensate anche a quanta fatica mi è costata  scriverla interamente, 180 secondi glieli dedicherete, fosse anche solo per farmi contento.

Fidatevi, merita.



La ragazza della porta accandto

E' proprio alla lettera così: Fanny Brawne, e cioè la giovane donna per cui il poeta John Keats perde la testa, abita nella casa accanto. Oltre la porta di fronte, nel cottage a lato. A Wentworth Place. La casa è ancora lì, bianca e linda, ora la sede del Keats Museum, la Keats House di Londra. Le grandi vetrate aprivano (e aprono) su un giardino ben curato con un susino, e un gelso. In questo giardino Keats ascolta una notte l'usignolo. Dall'altra parte, una siepe d'alloro separa la casa dalla strada che sale verso Hampstead Heath. Allora, come oggi, quel bianco edificio suggerisce l'Arcadia.

La storia breve, intensa, tragica, come breve e intensa e tragica è la vita del poeta John Keats, è questa: Francis Brawne, vedova sin dal 1810, con tre figli a carico - Fanny, Samuel e Margaret - nella primavera del 1819 affittò la parte della casa di Wentworth Place, dove abitavano i Dilke. Già qualche mese prima madre e figli erano andati a trovare i Dilke, moglie e marito e figlio nella loro casa di Hampstead e avevano sentito parlare del poeta, che era amico di Charles, il quale a sua volta era amico di Brown.  E in un'altra occasione anch'essa formale, mondana, sempre con gli stessi amici, ne fecero la conoscenza. Era l'agosto del 1818, Keats era appena tornato dal suo viaggio in Scozia. Viveva non molto lontano, a Well Walk, ed era tutto dedito alle cure del fratello Tom, che stava morendo di tisi. Nella prima serata in cui Keats e Fanny si incontrarono, non scoccò nessuna scintilla. Il poeta, turbato per la malattia del fratello Tom, non brillò nella conversazione, mentre la vivacità di Fanny semmai lo colpì negativamente. Che fosse una Cressida? mobile qual piuma al vento? niente affatto seria?  pronta a tradire Troilo per Diomede? Del  genere questo o quello per me pari sono?

A dicembre, sepolto il fratello, Keats si trasferì nella metà della casa di Wentworth, che apparteneva a Brown. Così si ritrovò porta a porta con la famiglia Brawne, e poteva vedere Fanny entrare e uscire in giardino e per strada. A ogni ora del giorno i due innamorati si scambiavano visite, occhiate e biglietti. E l'amore scoppia, ed è una passione bruciante. Tanto bruciante che si sospetta che sia non la tisi, presa dal fratello per contagio, o nel Dna della famiglia, visto che anche la madre ne è morta, ma la passione d'amore a ucciderlo.

Così pensano certi amici, compreso Brown: per gelosia, per dispetto. Avevano tutti scommesso sulla sua devozione totalitaria alla poesia, e ora? In effetti, come un monaco di clausura, unico e solo nel monastero della sua immaginazione, s'era finora rappresentato a Keats. E aveva semmai mostrato diffidenza, protestato indifferenza nei confronti delle donne. E ora?Ora lo prende il delirio dell'amore, una febbre, un'eccitazione incontrollabile, e vorrebbe come ogni altro uomo amare, amare...Vorrebbe vivere per amare una donna che paragona a una stella, alla quale si rivolge come alla "sua" stella lucente. La più lucente.

Il poeta stesso è turbato, è perplesso, si contraddice. Nell'estasi dell'innamoramento, l'ambivalenza del sentimento esplode. Nel come si rivolge alla donna che grida di amare, traspare l'angoscia e come sulla striscia di Moebus l'ammirazione scivola nell'invidia. A Fanny piace ballare? a Fanny piace giocare a carte? andare alle feste? uscire di casa? incontrare gente sconosciuta? No, non può farlo. Non deve. Non sta bene. E' un tradimento. Dall'altra parte, a Fanny che è viva, piace vivere. E' una colpa?

Agli occhi di Keats che muore sì. E' la prova lampante della loro incompatibilità. Quale più invincibile agente di separazione si può immaginare se non la morte? Il moribondo Keats guarda la viva Fanny con invidia, con nostalgia, e mentre la contempla e la desidera cresce il proprio senso di sventura, di miseria...Come può immaginare il moribondo di conquistare la viva? la vita?
Il senso di esilio che il giovane ingegnere Hans Castorp sa cogliere negli sguardi dei ricoverati del sanatorio di Davos, la scintilla di invidia che Thomas Mann saprà descrivere così bene nello sguardo dell'artista tormentato Tonio Kroger nei confronti del sano e biondissimo Hans e della florida Ingeborg, è già qui, nello sguardo del poeta Keats che ama la sua Fanny. E nello stesso momento affronta una tremenda verità che lo annienta: se prima aveva pensato che fosse la devozione all'arte - alla quale aveva scelto di sacrificare sé stesso- a renderlo straniero al mondo, ora scopre, che non ha niente da sacrificare, perché la sua vita lo paga alla sventura di una morte così precoce, così maligna, da togliergli l'amore e la poesia in un solo colpo.

Keats ha studiato medicina. Sa quello che gli accade. Il 3 febbraio del 1820 osserva il colore del sangue che sputa dalla bocca dopo un attacco di tosse che lo lascia spossato. Chiede a Brown che accorre in suo aiuto di avvicinare la candela: vuole vedere bene. Guarda e lo riconosce: è sangue arterioso. Con tono oggettivo, distaccato, diagnostico aggiunge: è un annuncio di morte. Dice per la precisione: questa macchia di sangue che vedi sul lenzuolo è un mandato di cattura, è un ordine di esecuzione. Muoio.

Questa verità la deve alla scienza: ha studiato medicina, ripeto; ha visto morire la madre, ha curato fino alla fine il fratello. Eppure come accade con i malati terminali, accanto alla lucida diagnosi, proprio accanto, mantiene viva nella coscienza la speranza. E' probabile che sia umanamente impossibile all'io vivo ospitare il pensiero nudo e crudo di sé morto. Così Keats sa di morire, vive ogni giorno come fosse l'ultimo; e insieme finge di poter guarire. Come quando si giocava da bambini, e si diceva: facciamo che io ero il re e tu la regina. Così fa Keats con Fanny: se le ingiunge di lasciarlo, perché non è giusto che stia con un uomo come lui, tanto malato, tanto povero, quando lei risponde che no, non lo lascerà mai - è felice. Sembrano sinceramente credere entrambi che la guarigione sia possibile, vicina. Addirittura un certo medico fa l'ipotesi che sia una malattia nervosa, quella che affligge il poeta: è l'ansia della poesia, è l'angoscia dell'amore. Niente affezione polmonare, nessuna lesione organica. Sennonché, tra breve una nuova emorragia non lascerà scampo alle congetture psicosomatiche.
Intanto, poiché  Brown d'estate affitta la sua parte di casa, per racimolare qualche soldo, il poeta deve trasferirsi e va a Kentish Town. Non è molto lontano, ma non può sopportare la distanza. La separazione fisica del suo amore, che ora è tutta la sua vita, gli risulta intollerabile, e a metà agosto si presenta a Wentworth Place. Febbricitante, ammalato, viene accolto dalla signora Brawne oltre la porta. Ora Fanny non è più "la donna della porta accanto", lui è entrato nel suo grembo. 

Per un mese intero, fino al 13 settembre 1820, Keats fu amorosamente curato dalla madre e dalla figlia. Fanny è sempre lì accanto a lui, parlano, sognano insieme una vita che non avranno. Si scambiano anelli e promesse. Ma è amore-carità o amore-passione?E' eros, o agape? è interesse, desiderio, o pietà?

La salute peggiora e viene deciso da medici e amici che il malato partirà per climi migliori: andrà in Italia, a Roma, per guarire. Malgrado il dolore della separazione i due amanti acconsentono allo strazio. Fanny gli fodera il cappello di seta, perché sia più caldo. Gli regala un quaderno. Un tagliacarte d'argento. Una corniola bianca. ( L'amico Severn, che l'accompagna nel viaggio, racconta che Keats l'avrà sempre in mano sul letto di morte: la pietra gelida gli raffredda le mani calde di febbre, al tatto è liscia, come le guance di Fanny).

Il 13 settembre 1820, un mercoledì, l'amata lo accompagna al postale di Pond Street. Di lì andrà al porto. La nave per l'Italia, la Maria Crowther, partirà la domenica seguente. Dall'emozione non parlano. Fingono una compostezza fin troppo rigida. Del resto, Keats lo confessa: è sempre stato rigido a prendere congedo. L'inchino risulta impacciato.

E ora accade una cosa strana: è come se John Keats uccidesse qui e ora il suo amore. Sale sulla nave e si stacca, si svezza. Non scriverà più a Fanny. Scriverà di lei ad altri, per dire che non può pensare all'amore, che non può scriverle, né leggere le sue lettere. Solo alla vista della sua calligrafia sulla busta il cuore batte forte, gli si spezza. Solo a vedere il nome di Fanny, ha un mancamento. Fanny è un nome in effetti carico di significato per il poeta: Fanny si chiamava sua madre, Fanny si chiama la sorella, Fanny si chiama la donna amata. Una coincidenza?

Le lettere dell'amata Fanny arrivano fino a Roma, in piazza di Spagna, dove il poeta alloggia. E' in pena, ha avuto notizie sconcertanti della sua salute. E scrive per consolare, per saperne di più. Ma lui non apre le lettere. Sa che Fanny sa, ed è crudele il suo silenzio. Alimenta in Fanny una veglia carica di sospetti e di angosce. Gli amici di Keats non la amano, è sola. Non può che ritirarsi in se stessa. Scrive però all'altra Fanny, la sorella: se perdo lui, perdo tutto. E' chiaro che l'ama.

Tutte le lettere di Fanny, sia quelle rimaste chiuse, sia quelle aperte e lette e rilette al destinatario, Keats chiese che fossero distrutte dopo la sua morte. E gli amici lo fecero. Immagino con un certo piacere.

Quelle del poeta a Fanny, invece, rimasero nelle mani di lei. Ma lei sparì. Continuò per un po’ a scrivere alla sorella del suo amato, come aveva promesso. E a giudicare da quelle lettere, ben trentuno, più una belle dame sans merci, Fanny Brawne sembra una giovane donna appassionata e sensibile, profondamente toccata dall'amore del poeta.

Aveva corrisposto il suo amore, spiegò alla sorella di lui. Mesi dopo la morte era ancora addolorata, non riusciva a riprendersi.

Portò il lutto per tre anni e passò molte notti sveglia a rileggere le sue lettere, passeggiando per Hampstead Heath. Ripensò più volte alla loro storia d'amore, così intensa e tormentata. Lei aveva appena diciotto anni, e Keats come amante si rivelò possessivo, difficile, geloso. Era anche morboso, e a volte la spaventava con il suo entusiasmo, la sua intensità di emozioni, e i suoi improvvisi scoraggiamenti, le sue disperazioni. Però, come spiegò sempre alla sorella, dalla sua morte precoce, ingiusta, se ne fece una ragione, perchè so, disse, so che il mio Keats è felice ora, più felice di quanto avrebbe potuto essere, se fosse rimasto su questa terra. Perché aveva sofferto, nessuno sapeva quanto aveva sofferto. Lei lo aveva visto soffrire. Così tanto, che se pure ne avesse avuto il potere, non sarebbe stata così egoista da richiamarlo in vita. Ma l'addolorava, spiegò, che non fosse morto vicino a lei...

Chiamò insensibili, ignoranti i medici che gli avevano fatto affrontare un viaggio duro, scomodo, fatale per niente. Non sarebbe mai guarito, come si accorse subito il dottor Clark, che lo aspettava a Roma. Mentre se fosse rimasto a Londra, avrebbe avuto i suoi amici accanto, a consolarlo. E ci sarebbe stata lei con lui...Le rimaneva comunque la consolazione della gioia che doveva per aver provato all'avvicinarsi della fine.

Ed era vero. Aveva ragione. Keats morì così: non vedo l'ora che finisca questa vita postuma, disse. E salutò la morte con parole di ringraziamento.

Negli anni a venire Fanny continuò a seguire la crescita della reputazione del giovane amante, così presto perduto. Leggeva quello che si scriveva di lui. Ma non si rivelò mai. Otto anni dopo la sua morte scrisse a Brown, che sì certo, era contenta che si riconoscesse il suo valore di poeta; anche se il fatto, confessò, non mi dà il piacere che dovrebbe. Senza vantarmi troppo della mia costanza, posso sinceramente dire che io lo ricordo e bene, e tanto mi basta. E con tono malizioso aggiunse: anzi, se fosse per me, vorrei che nessun'altro sapesse che è esistito. 

Un'altra volta scrisse in incognito una lettera di protesta contro chi pretendeva di descrivere Keats come un uomo violento, aggressivo. Quasi che il poeta fosse un innamorato furioso, come Orlando. No, non era così spiegò: era fervido, era ardente. Ma soprattutto gentile, sensibile. Si eccitava facilmente, fremeva, si infervorava, ma a lei non faceva nessuna paura, né la intimidivano i suoi eccessi emotivi.

Negli anni a venire di Fanny Brawne si perse ogni traccia. Finché un giorno - precisamente l'8 dicembre 1865, comparve sul Times un necrologio. Annunciava la morte di Frances Lindon, moglie di Louis, età sessantacinque anni. Una illustre sconosciuta, all'apparenza...In verità, il nome acquisito nel matrimonio nascondeva quello con cui era nata, il nome di Fanny Brawne: era lei la donna della porta accanto, la donna amata dal poeta John Keats. Ma nessuno poteva, doveva saperlo.

Fanny aveva raccontato ai tre figli - Edmund, Herbert e Margaret - la sua romantica storia d'amore, ma al marito no, lui non sapeva niente. Sapeva solo che Frances aveva conosciuto il poeta insieme ad altri amici. Se non glielo disse, è perchè non voleva turbarlo. In punto di morte, però, consegnò le lettere ai figli, impegnandoli a non mostrarle a nessuno, finché non fosse morto il padre. Ed essi obbedirono.

Passarono ancora sette anni. Il padre morì, e a questo punto il figlio Herbert non ebbe più remore. Nel frattempo il nome di John Keats era diventato quello di un poeta acclamato tra i grandi romantici, nel 1848 era uscita una sua biografia, dove si narrava di una giovane donna amata dal poeta, la cui identità rimaneva segreta. Herbert pensò giustamente che quelle lettere valevano se non una fortuna, un bel pò di denaro. Offrì all'asta le lettere. all'asta le lettere d'amore di Keats! - commentò Oscar Wilde, disgustato dall'idea che si potesse commerciare con il cristallo del suo cuore. Ma ne comprò una.

E qui accade un'altra cosa strana: quando finalmente nel 1878 queste lettere d'amore comparirono n forma di libro, sapete che successe? Che i lettori se la presero con Fanny, la dichiararono indegna dell'amore del poeta. Perché?Come si spiega?

Disturbava il tono di queste lettere d'amore niente affatto sentimentali, a tratti violente fino al sadismo, a tratti remissive fino al masochismo, a tratti istrioniche fino al grottesco. Tutte tonalità profondamente inquietanti per la coscienza morale vittoriana: basti pensare alla reazione di Matthew Arnold, di Swinburne...I quali non potevano, non volevano credere che un uomo si facesse così debole fino all'umiliazione, o fosse così pronto a cedere fino a dissolvesi, o volesse con tanta frenesia arrendersi al potere dell'amore, o fosse così disposto all'abbandono...

Era un timbro erotico nuovo, che emanava vibrazioni serpentine, produceva contrazioni, convulsioni poco virili. Era quasi come se in amore, l'uomo perdesse la sua virilità, si facesse femmineo, femminile, cedevole, sinuoso, innamorato e pronto a tutto. I sentimenti vanno dominati, le passioni controllate, tuonarono i rispettabili interpreti della moralità vittoriana: in ciò consiste la virtù virile. Mentre le lettere mostravano un uomo ammalato, patologicamente schiavo di una passione ambigua, vittima di un'infezione sensuale ripugnante. Le lettere andavano distrutte, erano lesive della fama del poeta. Perché Fanny le aveva conservate? Perché non le aveva distrutte? Per farsi bella? E perchè ora il figlio le pubblicava, se non per sfruttare la situazione? Per farsi ricco? Tutto a spese della fama sublime del poeta martire della poesia. Non capirono questi dotti signori che Keats era sempre lo stesso sia nell'amore, che nella poesia: un camaleonte. E l'amante, il poeta secondo l'insegnamento di Shakespeare, da lui supremamente amato, sono creature della metamorfosi.

Non capirono quello che oggi a noi risulta chiaro, abbagliante: queste lettere sono tra le più belle mai scritte. Nel loro candore, nella loro febbre, nella loro lontananza da ogni cliché stilnovista o romantico ci incalzano a battere l'unico tempo che l'ebbrezza dell'amore conosca, quello spasmodico di quando a danzare sono amore e morte, fino al diapason.



E  ANCORA OGGI



SAKINEH NON DEVE MORIRE


2 commenti:

  1. come dice lia no joke
    Ribadisco quella che è la mia opinione, già espressa velatamente in privato.
    Ho scherzato su jk, ma una tua affermazione mi lascia perplessa. Ti sei talmente appassionato da identificare il tuo modo di sentire e amare con il suo. No non è possibile.
    Jk è vissuto secoli fa', con una concezione di espressione dei sentimenti falsata dai dettami della società del tempo.
    A lui uno sguardo da il tormento eterno, la mancanza dell'amata, se pur di qualche ora, per lui sembra un addio definitivo.
    Oggi diremmo che fa tragedia di un niente.
    Oggi il nostro modo di vivere è ben differente, non ci possiamo più ritrovare completamente in questo modo di esprimersi ed amare.
    Ti dico sempre "facci sognare". Sogno appunto, utopia oggi.
    Adoro leggere quello che scrive il Guardiano, lo sai, ma non concordo sul fatto che l'uomo che sta dietro si faccia prendere la mano e si identifichi con jk e faccia suo il suo tormento.
    Come già affermato in passato : non permettere che l'attesa di una donna creata dalla fantasia a misura di dea, ti impedisca di vedere l'amore che ti potrebbe passare vicino. Magari non sarà la donna ideale (e quanti l'anno trovata ?), ma sarà vera, con sentimenti espressi, aderenti alla nostra epoca. Non sarà una leggiadra stella, ma una donna normale, viva, esuberante, magari, con mille problemi che la vita di oggi comporta: non perdere l'occasione se si presenta
    magari domani, uscendo di casa potresti incontrarla. non rischiare di chiudere la porta
    alla realtà, va bene sognare ma. . . .
    Con tanto affetto
    Chicca

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  2. Ahimè, io sono un vittoriano nato nel momento sbagliato

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