Quella che leggerete di seguito, è l'introduzione al libro "Leggiadra stella".
E' effettivamente molto lunga e richiederà tanto del vostro tempo e molta attenzione, ma racconta con dovizia di dettagli, tutta la storia d'amore di John e Fanny, spiegando il contesto in cui viene vissuta e tutto ciò che ha scatento.
Seppure vi porterà via molti minuti, rubandoli di certo a cose più importanti, vi consiglio di leggerla, perchè solo così potrete comprendere e vivere ciò che loro hanno provato e se poi pensate anche a quanta fatica mi è costata scriverla interamente, 180 secondi glieli dedicherete, fosse anche solo per farmi contento.
Fidatevi, merita.
La ragazza della porta accandto
E' proprio alla
lettera così: Fanny Brawne, e cioè la giovane donna per cui il poeta John Keats
perde la testa, abita nella casa accanto. Oltre la porta di fronte, nel cottage
a lato. A Wentworth Place. La casa è ancora lì, bianca e linda, ora la sede del
Keats Museum, la Keats House di Londra. Le grandi vetrate aprivano (e aprono)
su un giardino ben curato con un susino, e un gelso. In questo giardino Keats
ascolta una notte l'usignolo. Dall'altra parte, una siepe d'alloro separa la
casa dalla strada che sale verso Hampstead Heath. Allora, come oggi, quel
bianco edificio suggerisce l'Arcadia.
La storia breve,
intensa, tragica, come breve e intensa e tragica è la vita del poeta John
Keats, è questa: Francis Brawne, vedova sin dal 1810, con tre figli a carico -
Fanny, Samuel e Margaret - nella primavera del 1819 affittò la parte della casa
di Wentworth Place, dove abitavano i Dilke. Già qualche mese prima madre e
figli erano andati a trovare i Dilke, moglie e marito e figlio nella loro casa
di Hampstead e avevano sentito parlare del poeta, che era amico di Charles, il
quale a sua volta era amico di Brown. E in un'altra occasione anch'essa
formale, mondana, sempre con gli stessi amici, ne fecero la conoscenza. Era
l'agosto del 1818, Keats era appena tornato dal suo viaggio in Scozia. Viveva
non molto lontano, a Well Walk, ed era tutto dedito alle cure del fratello Tom,
che stava morendo di tisi. Nella prima serata in cui Keats e Fanny si
incontrarono, non scoccò nessuna scintilla. Il poeta, turbato per la malattia
del fratello Tom, non brillò nella conversazione, mentre la vivacità di Fanny
semmai lo colpì negativamente. Che fosse una Cressida? mobile qual piuma al
vento? niente affatto seria? pronta a
tradire Troilo per Diomede? Del genere questo o quello per me pari sono?
A dicembre,
sepolto il fratello, Keats si trasferì nella metà della casa di Wentworth, che
apparteneva a Brown. Così si ritrovò porta a porta con la famiglia Brawne, e
poteva vedere Fanny entrare e uscire in giardino e per strada. A ogni ora del
giorno i due innamorati si scambiavano visite, occhiate e biglietti. E l'amore
scoppia, ed è una passione bruciante. Tanto bruciante che si sospetta che sia
non la tisi, presa dal fratello per contagio, o nel Dna della famiglia, visto
che anche la madre ne è morta, ma la passione d'amore a ucciderlo.
Così pensano certi
amici, compreso Brown: per gelosia, per dispetto. Avevano tutti scommesso sulla
sua devozione totalitaria alla poesia, e ora? In effetti, come un monaco di
clausura, unico e solo nel monastero della sua immaginazione, s'era finora
rappresentato a Keats. E aveva semmai mostrato diffidenza, protestato
indifferenza nei confronti delle donne. E ora?Ora lo prende il delirio
dell'amore, una febbre, un'eccitazione incontrollabile, e vorrebbe come ogni
altro uomo amare, amare...Vorrebbe vivere per amare una donna che paragona a
una stella, alla quale si rivolge come alla "sua" stella lucente. La
più lucente.
Il poeta stesso è
turbato, è perplesso, si contraddice. Nell'estasi dell'innamoramento,
l'ambivalenza del sentimento esplode. Nel come si rivolge alla donna che grida
di amare, traspare l'angoscia e come sulla striscia di Moebus l'ammirazione
scivola nell'invidia. A Fanny piace ballare? a Fanny piace giocare a carte?
andare alle feste? uscire di casa? incontrare gente sconosciuta? No, non può
farlo. Non deve. Non sta bene. E' un tradimento. Dall'altra parte, a Fanny che
è viva, piace vivere. E' una colpa?
Agli occhi di
Keats che muore sì. E' la prova lampante della loro incompatibilità. Quale più
invincibile agente di separazione si può immaginare se non la morte? Il
moribondo Keats guarda la viva Fanny con invidia, con nostalgia, e mentre la
contempla e la desidera cresce il proprio senso di sventura, di miseria...Come
può immaginare il moribondo di conquistare la viva? la vita?
Il senso di esilio
che il giovane ingegnere Hans Castorp sa cogliere negli sguardi dei ricoverati
del sanatorio di Davos, la scintilla di invidia che Thomas Mann saprà descrivere
così bene nello sguardo dell'artista tormentato Tonio Kroger nei confronti del
sano e biondissimo Hans e della florida Ingeborg, è già qui, nello sguardo del
poeta Keats che ama la sua Fanny. E nello stesso momento affronta una tremenda
verità che lo annienta: se prima aveva pensato che fosse la devozione all'arte
- alla quale aveva scelto di sacrificare sé stesso- a renderlo straniero al
mondo, ora scopre, che non ha niente da sacrificare, perché la sua vita lo paga
alla sventura di una morte così precoce, così maligna, da togliergli l'amore e
la poesia in un solo colpo.
Keats ha studiato
medicina. Sa quello che gli accade. Il 3 febbraio del 1820 osserva il colore
del sangue che sputa dalla bocca dopo un attacco di tosse che lo lascia
spossato. Chiede a Brown che accorre in suo aiuto di avvicinare la candela:
vuole vedere bene. Guarda e lo riconosce: è sangue arterioso. Con tono
oggettivo, distaccato, diagnostico aggiunge: è un annuncio di morte. Dice per
la precisione: questa macchia di sangue che vedi sul lenzuolo è un mandato di
cattura, è un ordine di esecuzione. Muoio.
Questa verità la
deve alla scienza: ha studiato medicina, ripeto; ha visto morire la madre, ha
curato fino alla fine il fratello. Eppure come accade con i malati terminali,
accanto alla lucida diagnosi, proprio accanto, mantiene viva nella coscienza la
speranza. E' probabile che sia umanamente impossibile all'io vivo ospitare il
pensiero nudo e crudo di sé morto. Così Keats sa di morire, vive ogni giorno
come fosse l'ultimo; e insieme finge di poter guarire. Come quando si giocava
da bambini, e si diceva: facciamo che io ero il re e tu la regina. Così fa
Keats con Fanny: se le ingiunge di lasciarlo, perché non è giusto che stia con
un uomo come lui, tanto malato, tanto povero, quando lei risponde che no, non
lo lascerà mai - è felice. Sembrano sinceramente credere entrambi che la
guarigione sia possibile, vicina. Addirittura un certo medico fa l'ipotesi che
sia una malattia nervosa, quella che affligge il poeta: è l'ansia della poesia,
è l'angoscia dell'amore. Niente affezione polmonare, nessuna lesione organica. Sennonché,
tra breve una nuova emorragia non lascerà scampo alle congetture
psicosomatiche.
Intanto, poiché Brown d'estate affitta la sua parte di casa,
per racimolare qualche soldo, il poeta deve trasferirsi e va a Kentish Town.
Non è molto lontano, ma non può sopportare la distanza. La separazione fisica
del suo amore, che ora è tutta la sua vita, gli risulta intollerabile, e a metà
agosto si presenta a Wentworth Place. Febbricitante, ammalato, viene accolto
dalla signora Brawne oltre la porta. Ora Fanny non è più "la donna della
porta accanto", lui è entrato nel suo grembo.
Per un mese
intero, fino al 13 settembre 1820, Keats fu amorosamente curato dalla madre e
dalla figlia. Fanny è sempre lì accanto a lui, parlano, sognano insieme una
vita che non avranno. Si scambiano anelli e promesse. Ma è amore-carità o
amore-passione?E' eros, o agape? è interesse, desiderio, o pietà?
La salute peggiora
e viene deciso da medici e amici che il malato partirà per climi migliori:
andrà in Italia, a Roma, per guarire. Malgrado il dolore della separazione i
due amanti acconsentono allo strazio. Fanny gli fodera il cappello di seta,
perché sia più caldo. Gli regala un quaderno. Un tagliacarte d'argento. Una
corniola bianca. ( L'amico Severn, che l'accompagna nel viaggio, racconta che
Keats l'avrà sempre in mano sul letto di morte: la pietra gelida gli raffredda
le mani calde di febbre, al tatto è liscia, come le guance di Fanny).
Il 13 settembre
1820, un mercoledì, l'amata lo accompagna al postale di Pond Street. Di lì
andrà al porto. La nave per l'Italia, la Maria Crowther, partirà la domenica
seguente. Dall'emozione non parlano. Fingono una compostezza fin troppo rigida.
Del resto, Keats lo confessa: è sempre stato rigido a prendere congedo.
L'inchino risulta impacciato.
E ora accade una
cosa strana: è come se John Keats uccidesse qui e ora il suo amore. Sale sulla
nave e si stacca, si svezza. Non scriverà più a Fanny. Scriverà di lei ad
altri, per dire che non può pensare all'amore, che non può scriverle, né
leggere le sue lettere. Solo alla vista della sua calligrafia sulla busta il
cuore batte forte, gli si spezza. Solo a vedere il nome di Fanny, ha un
mancamento. Fanny è un nome in effetti carico di significato per il poeta:
Fanny si chiamava sua madre, Fanny si chiama la sorella, Fanny si chiama la
donna amata. Una coincidenza?
Le lettere
dell'amata Fanny arrivano fino a Roma, in piazza di Spagna, dove il poeta
alloggia. E' in pena, ha avuto notizie sconcertanti della sua salute. E scrive
per consolare, per saperne di più. Ma lui non apre le lettere. Sa che Fanny sa,
ed è crudele il suo silenzio. Alimenta in Fanny una veglia carica di sospetti e
di angosce. Gli amici di Keats non la amano, è sola. Non può che ritirarsi in
se stessa. Scrive però all'altra Fanny, la sorella: se perdo lui, perdo tutto.
E' chiaro che l'ama.
Tutte le lettere
di Fanny, sia quelle rimaste chiuse, sia quelle aperte e lette e rilette al
destinatario, Keats chiese che fossero distrutte dopo la sua morte. E gli amici
lo fecero. Immagino con un certo piacere.
Quelle del poeta a
Fanny, invece, rimasero nelle mani di lei. Ma lei sparì. Continuò per un po’ a
scrivere alla sorella del suo amato, come aveva promesso. E a giudicare da
quelle lettere, ben trentuno, più una belle dame sans merci, Fanny
Brawne sembra una giovane donna appassionata e sensibile, profondamente toccata
dall'amore del poeta.
Aveva corrisposto
il suo amore, spiegò alla sorella di lui. Mesi dopo la morte era ancora
addolorata, non riusciva a riprendersi.
Portò il lutto per
tre anni e passò molte notti sveglia a rileggere le sue lettere, passeggiando
per Hampstead Heath. Ripensò più volte alla loro storia d'amore, così intensa e
tormentata. Lei aveva appena diciotto anni, e Keats come amante si rivelò
possessivo, difficile, geloso. Era anche morboso, e a volte la spaventava con
il suo entusiasmo, la sua intensità di emozioni, e i suoi improvvisi
scoraggiamenti, le sue disperazioni. Però, come spiegò sempre alla sorella,
dalla sua morte precoce, ingiusta, se ne fece una ragione, perchè so, disse, so
che il mio Keats è felice ora, più felice di quanto avrebbe potuto essere, se
fosse rimasto su questa terra. Perché aveva sofferto, nessuno sapeva quanto aveva
sofferto. Lei lo aveva visto soffrire. Così tanto, che se pure ne avesse avuto
il potere, non sarebbe stata così egoista da richiamarlo in vita. Ma
l'addolorava, spiegò, che non fosse morto vicino a lei...
Chiamò
insensibili, ignoranti i medici che gli avevano fatto affrontare un viaggio
duro, scomodo, fatale per niente. Non sarebbe mai guarito, come si accorse
subito il dottor Clark, che lo aspettava a Roma. Mentre se fosse rimasto a
Londra, avrebbe avuto i suoi amici accanto, a consolarlo. E ci sarebbe stata lei
con lui...Le rimaneva comunque la consolazione della gioia che doveva per aver
provato all'avvicinarsi della fine.
Ed era vero. Aveva
ragione. Keats morì così: non vedo l'ora che finisca questa vita postuma,
disse. E salutò la morte con parole di ringraziamento.
Negli anni a
venire Fanny continuò a seguire la crescita della reputazione del giovane
amante, così presto perduto. Leggeva quello che si scriveva di lui. Ma non si
rivelò mai. Otto anni dopo la sua morte scrisse a Brown, che sì certo, era
contenta che si riconoscesse il suo valore di poeta; anche se il fatto,
confessò, non mi dà il piacere che dovrebbe. Senza vantarmi troppo della mia
costanza, posso sinceramente dire che io lo ricordo e bene, e tanto mi basta. E
con tono malizioso aggiunse: anzi, se fosse per me, vorrei che nessun'altro
sapesse che è esistito.
Un'altra volta
scrisse in incognito una lettera di protesta contro chi pretendeva di
descrivere Keats come un uomo violento, aggressivo. Quasi che il poeta fosse un
innamorato furioso, come Orlando. No, non era così spiegò: era fervido, era
ardente. Ma soprattutto gentile, sensibile. Si eccitava facilmente, fremeva, si
infervorava, ma a lei non faceva nessuna paura, né la intimidivano i suoi
eccessi emotivi.
Negli anni a
venire di Fanny Brawne si perse ogni traccia. Finché un giorno - precisamente
l'8 dicembre 1865, comparve sul Times un necrologio. Annunciava la morte di
Frances Lindon, moglie di Louis, età sessantacinque anni. Una illustre
sconosciuta, all'apparenza...In verità, il nome acquisito nel matrimonio
nascondeva quello con cui era nata, il nome di Fanny Brawne: era lei la donna
della porta accanto, la donna amata dal poeta John Keats. Ma nessuno poteva,
doveva saperlo.
Fanny aveva
raccontato ai tre figli - Edmund, Herbert e Margaret - la sua romantica storia
d'amore, ma al marito no, lui non sapeva niente. Sapeva solo che Frances aveva
conosciuto il poeta insieme ad altri amici. Se non glielo disse, è perchè non
voleva turbarlo. In punto di morte, però, consegnò le lettere ai figli, impegnandoli
a non mostrarle a nessuno, finché non fosse morto il padre. Ed essi obbedirono.
Passarono ancora
sette anni. Il padre morì, e a questo punto il figlio Herbert non ebbe più
remore. Nel frattempo il nome di John Keats era diventato quello di un poeta
acclamato tra i grandi romantici, nel 1848 era uscita una sua biografia, dove
si narrava di una giovane donna amata dal poeta, la cui identità rimaneva
segreta. Herbert pensò giustamente che quelle lettere valevano se non una
fortuna, un bel pò di denaro. Offrì all'asta le lettere. all'asta le lettere
d'amore di Keats! - commentò Oscar Wilde, disgustato dall'idea che si potesse
commerciare con il cristallo del suo cuore. Ma ne comprò una.
E qui accade
un'altra cosa strana: quando finalmente nel 1878 queste lettere d'amore
comparirono n forma di libro, sapete che successe? Che i lettori se la presero
con Fanny, la dichiararono indegna dell'amore del poeta. Perché?Come si spiega?
Disturbava il tono
di queste lettere d'amore niente affatto sentimentali, a tratti violente fino
al sadismo, a tratti remissive fino al masochismo, a tratti istrioniche fino al
grottesco. Tutte tonalità profondamente inquietanti per la coscienza morale
vittoriana: basti pensare alla reazione di Matthew Arnold, di Swinburne...I quali
non potevano, non volevano credere che un uomo si facesse così debole fino
all'umiliazione, o fosse così pronto a cedere fino a dissolvesi, o volesse con
tanta frenesia arrendersi al potere dell'amore, o fosse così disposto
all'abbandono...
Era un timbro
erotico nuovo, che emanava vibrazioni serpentine, produceva contrazioni,
convulsioni poco virili. Era quasi come se in amore, l'uomo perdesse la sua
virilità, si facesse femmineo, femminile, cedevole, sinuoso, innamorato e
pronto a tutto. I sentimenti vanno dominati, le passioni controllate, tuonarono
i rispettabili interpreti della moralità vittoriana: in ciò consiste la virtù
virile. Mentre le lettere mostravano un uomo ammalato, patologicamente schiavo
di una passione ambigua, vittima di un'infezione sensuale ripugnante. Le
lettere andavano distrutte, erano lesive della fama del poeta. Perché Fanny le
aveva conservate? Perché non le aveva distrutte? Per farsi bella? E perchè ora
il figlio le pubblicava, se non per sfruttare la situazione? Per farsi ricco?
Tutto a spese della fama sublime del poeta martire della poesia. Non capirono
questi dotti signori che Keats era sempre lo stesso sia nell'amore, che nella
poesia: un camaleonte. E l'amante, il poeta secondo l'insegnamento di
Shakespeare, da lui supremamente amato, sono creature della metamorfosi.
Non capirono
quello che oggi a noi risulta chiaro, abbagliante: queste lettere sono tra le
più belle mai scritte. Nel loro candore, nella loro febbre, nella loro
lontananza da ogni cliché stilnovista o romantico ci incalzano a battere
l'unico tempo che l'ebbrezza dell'amore conosca, quello spasmodico di quando a
danzare sono amore e morte, fino al diapason.
come dice lia no joke
RispondiEliminaRibadisco quella che è la mia opinione, già espressa velatamente in privato.
Ho scherzato su jk, ma una tua affermazione mi lascia perplessa. Ti sei talmente appassionato da identificare il tuo modo di sentire e amare con il suo. No non è possibile.
Jk è vissuto secoli fa', con una concezione di espressione dei sentimenti falsata dai dettami della società del tempo.
A lui uno sguardo da il tormento eterno, la mancanza dell'amata, se pur di qualche ora, per lui sembra un addio definitivo.
Oggi diremmo che fa tragedia di un niente.
Oggi il nostro modo di vivere è ben differente, non ci possiamo più ritrovare completamente in questo modo di esprimersi ed amare.
Ti dico sempre "facci sognare". Sogno appunto, utopia oggi.
Adoro leggere quello che scrive il Guardiano, lo sai, ma non concordo sul fatto che l'uomo che sta dietro si faccia prendere la mano e si identifichi con jk e faccia suo il suo tormento.
Come già affermato in passato : non permettere che l'attesa di una donna creata dalla fantasia a misura di dea, ti impedisca di vedere l'amore che ti potrebbe passare vicino. Magari non sarà la donna ideale (e quanti l'anno trovata ?), ma sarà vera, con sentimenti espressi, aderenti alla nostra epoca. Non sarà una leggiadra stella, ma una donna normale, viva, esuberante, magari, con mille problemi che la vita di oggi comporta: non perdere l'occasione se si presenta
magari domani, uscendo di casa potresti incontrarla. non rischiare di chiudere la porta
alla realtà, va bene sognare ma. . . .
Con tanto affetto
Chicca
Ahimè, io sono un vittoriano nato nel momento sbagliato
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