16 ago 2011

COLLEZIONE SOLARE 2011 - Iper, regalami un sorriso




PRIMA PUBBLICAZIONE FEBBRAIO 2011


DUE PREMESSE NECESSARIE

  1. Credo che due anni nella vita di un blog, soprattutto se come questo pieno di cose da leggere e vedere, siano più che sufficienti per dichiarare "prescritto" un post e poter così scrivere intorno alla stessa idea un nuovo scarabocchio. Anche perché, seppure il titolo è simile a quello del marzo 2009, così come lo spirito di fondo, il punto di partenza e lo sviluppo sono di gran lunga diversi;
  2. Ho volutamente iniziato in maniera leggera il racconto di questa mia "avventura" in un supermercato con i post precedenti, in modo tale di poter poi arrivare a dire qualcosa di un po' più sensato con questo, che conclude la serie. Non voglio solo incupire l'animo di chi mi legge, ma far vedere che sono comunque capace di cogliere le diverse sfumature delle mie "vicissitudini" quotidiane, ed è con questo spirito che ho "impaginato" tutto il racconto;

 Nel momento in cui mi sono ritrovato nel parcheggio dell'ipermercato, ripetendo lo stesso suono di quando si stappa una bottiglia sottovuoto, potevo provare a fare una barricata di carrelli davanti all'ingresso e al check point avvisare i malcapitati che volevano entrare del pericolo a cui andavano incontro, ma fondamentalmente ero "distratto", non ero lì con la testa. 

C'era qualcosa che avevo visto, percepito, sentito nell'aria di quel magazzino che non riuscivo a capire, a vedere, un po' come quando leggo un romanzo giallo e non riesco a collegare i vari indizi. In pratica subliminalmente so chi è l'assassino, ma non riesco a capire chi è, ecco qualcosa aveva ucciso quel viaggio folle tra la gente e io non riuscivo a coglierne l'essenza.

Mi sono così seduto nella mia auto e come sempre meccanicamente ho acceso prima l'autoradio e poi il motore. La mia radio è sintonizzata quasi sempre su Radio Deejay e il sabato mattina mi diverto ad ascoltare "la bomba", il programma di Vic e Luciana Litizzetto. 
Più entravo nell'atmosfera del programma e più sentivo che i contorni del mio viso cambiavano, gli angoli della bocca si alzavano lentamente e pian piano ho iniziato prima a sorridere e poi a ridere, ed è lì che ho capito qual'era il tassello mancante della spesa, nessuno in quell'iper sorrideva, tutto era cupo, triste e io mi ero meccanicamente uniformato.

E' chiaro che la gente non è tenuta ad essere allegra e a sbellicarsi dalle risate per strada, è normale che men che meno lo facciano quando stanno per affrontare la cassa con un carrello carico di spesa, ma è certo che girando per strada, immergendosi tra le persone, gli estranei, uno si attende di trovarsi di fronte  uomini e donne con uno stato d'animo sereno, capaci di saper regalare all'occorrenza un sorriso, anche se di circostanza. 

E' ormai tutto maledettamente scuro, fateci caso, il viso di chi è davanti a voi in fila è quasi sempre rabbuiato,  rabbioso, il tizio al self service è torvo e pensa che vogliate sorpassarlo per servirvi prima, difficilmente si trova qualcuno che è in grado di usare non dico una cortesia, ma almeno dei modi gentili.
Io non sono un sociologo, non studio la società civile, le sue dinamiche e i comportamenti delle persone in gruppo nell'anno di grazia 2011, non ho risposte a queste domande che mi sono posto e anzi ne posso solo aggiungere delle altre, chiedendomi se è colpa della crisi o semplicemente ci siamo imbruttiti a tal punto da non considerarci nemmeno più una società. 

Di certo c'è, che io frequento "la gente" per lavoro da quando avevo 17 anni, da quando quell'estate invece di andarmene al mare, mi sono chiuso in un ristorante a guadagnare dei soldi da poter poi spensieratamente sprecare e credetemi, non ho mai visto e soprattutto vissuto "un'atmosfera" simile dal 1986 a oggi. 
Non so come se ne viene fuori, non so nemmeno se ci siano i motivi o la voglia di venirne fuori da quest'atmosfera, so solo che anche in questo caso non intendo conformarmi alla massa e continuerò ad avere il mio sorriso "ebete" disegnato sul volto e solo questa volta mi sono lasciato trasportare dall'umore generale. Perché se è seppur vero che la vita di oggi non è difficile, ma tremenda, se non sono capace di sorridere ad una bella donna, o davanti a un dolce o allo sguardo sbarazzino di un bambino, vuol dire che non sono in grado di regalare le giuste e dovute emozioni a chi ho per davanti.

Non pretendo, non penso di poter cambiare il mondo, ma voglio vivere solo un po' più sereno e non ho voglia di incupire chi ho di fronte. 










SAKINEH NON DEVE MORIRE


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